Non è riuscito a salvarli, la furia del mare è stata più forte della vita. Il mare, la barca che si sbriciola, la notte, la paura, li hanno portati alla morte, la risacca li ha consegnati alla spiaggia di Steccato nella notte della tragedia di Cutro. Almeno 67 i migranti morti nel naufragio dell’imbarcazione proveniente dalla Turchia, molti sono bambini. Non è riusciti a salvarli e non si dà pace il pescatore Vincenzo Luciano, tra i primi ad arrivare sul bagno asciuga dell’orrore.

A Repubblica Luciano ha raccontato di essere arrivato a notte fonda dopo la telefonata di un amico che lo avvertiva: c’è una barca con a bordo i migranti, si sta disintegrando. Non ci ha pensato un attimo di più ed è corso in spiaggia. Appena arrivato si è trovato davanti uno scenario apocalittico, una tragedia immensa. C’erano già decine di cadaveri che le onde spingevano verso terra. “Non ero pronto per questo, sono stato preso dal panico…ho visto dieci corpi tutti uno sopra l’altro” ha detto il pescatore, precisando che i soccorritori sono arrivati velocemente sulla scena della tragedia.

Non si dà pace Vincenzo soprattutto nel ricordare gli occhi di un bimbo di tre anni che non è riuscito a salvare. “L’ho tirato fuori con gli occhi ancora aperti e ho detto: ‘forse lo salvo. Poi invece ho visto che aveva schiuma dalla bocca e allora non ho potuto che chiudere quegli occhi” ha detto Vincenzo. “Se fossi stato lì un minuto, o 20 secondi prima, forse avrei potuto salvarlo. Ora mi sento in colpa”.

Non era pronto il pescatore corso per aiutare quelle persone che il mare stava trascinando a fondo, nessuno è mai pronto a vedere la morte, a vedere la morte di decine di persone e bambini, la morte di chi cercava la vita e invece la vita si è sbriciolata in pochi minuti, come la barca che li ha portati fino alle coste calabre. Vincenzo ha visto la morte e non si è fatto fermare, è rimasto lì, tirando fuori dall’acqua decine di cadaveri. Attonito, esterrefatto. Come attoniti sono rimasti i più nel sapere che si potevano salvare, che c’è stato un cortocircuito nei soccorsi. Che qualcosa non è andato come doveva, secondo la legge.

Secondo quanto riferisce l’AdnKronos, infatti, la Procura di Crotone ha aperto un secondo fascicolo sul naufragio, è aperto contro ignoti né sono noti i capi di imputazione: la delega è stata dal procuratore Giuseppe Capoccia ai Carabinieri che stanno raccogliendo del materiale sul “buco” di almeno sei ore, a partire dalle 22.30 di sabato 25 febbraio, quando l’aereo di Frontex ha emesso il dispaccio con cui segnalava la presenza di una imbarcazione nello Ionio. Un’altra versione racconta di motovedette della Guardia Costiera uscite per andare in soccorso del barcone e subito dopo rientrate, c’è anche chi dice che l’Sos non sia mai arrivato o che non si sia capito subito il pericolo e la tragedia che stava per consumarsi. E la tragedia si è consumata, sono morti uomini, donne e bambini.

Sono morti e potevano essere salvati, sono morti perché un Governo ha deciso che non devono essere aiutati, che non dovrebbero partire, che le operazioni di soccorso si sono trasformate in operazioni di Polizia. Il pescatore Luciano si sente in colpa, e di colpe non ha nessuna, anzi. E i signori al Governo si sentono in colpa? A loro risponderebbero così i pescatori di Lampedusa, e di tutti i porti: “Gente a mare non l’abbiamo lasciata mai!”.

Francesca Sabella

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