Mentre gli occhi dell’Europa (e dell’Italia) sono concentrati sull’arrivo dei migranti, nel Mediterraneo centrale accade anche altro. L’epicentro è sempre la Libia, lì dove il caos e una sostanziale anarchia militare regnano dalla caduta di Muhammar Gheddafi. Dalla Cirenaica colpita dalle alluvioni, il generale Khalifa Haftar, leader dell’autoproclamato Esercito nazionale libico, è partito alla volta di Mosca. Nella capitale russa, il leader di Bengasi è stato ricevuto dal viceministro russo della Difesa Junus-bek Yevkurov, il tramite tra i comandi russi e l’Africa. Nella nota pubblicata dalle forze di Haftar, e riportata da Adnkronos, si legge che “durante la visita si sono svolti negoziati con alti funzionari russi sullo sviluppo della situazione in Libia, sono state discusse le relazioni bilaterali tra i due Paesi e le modalità per rafforzarle e svilupparle”. Dichiarazione che certifica la sinergia tra Cirenaica e Federazione Russa e che sembra continuare nonostante la fine dell’impero della Wagner.

Con la morte di Evgenij Prigozhin, infatti, molti si sono chiesti se le basi dei mercenari russi in Libia fossero destinate a sparire o a rientrare nelle attività della Wagner tollerate dal presidente russo Vladimir Putin in Africa. L’impressione però è che il Cremlino abbia nei riguardi della Libia un’idea diversa rispetto a quella pensata per altri Paesi. E questo lo ha dimostrato anche il viaggio di Yevkurov in Libia praticamente nelle stesse ore in cui il jet di Prigozhin precipitava in territorio russo.
Mosca sembra volere ricondurre sotto la propria sfera tutti i suoi apparati presenti in Cirenaica. E a conferma di questo piano è arrivato non solo il viaggio di Haftar nella capitale russa, ma anche quell’indiscrezione del Wall Street Journal sui progetti di Mosca per ottenere una base per la sua flotta sulla costa libica. Se Putin vuole un avamposto nel Mediterraneo centrale è infatti certo che il suo occhio si sia posato sulla costa orientale della Libia, complici i buoni legami con Haftar e la necessità per il generale di ricevere aiuti di ogni tipo dopo la catastrofe di Derna. Ma senza la Wagner, Putin deve riuscire a dimostrare di garantire il supporto a Bengasi. Non è un caso che la scorsa settimana, preoccupati per le mosse russe o forse interessati a eventuali spiragli per un cambio di rotta, a Bengasi sono arrivati il generale Michael Langley, capo del Comando degli Stati Uniti per l’Africa, e l’ambasciatore Richard Norland, inviato speciale di Washington per la Libia. In questi anni gli Usa hanno premuto su Haftar per espellere la Wagner. E ora che Prigozhin è morto e che Mosca ha messo in chiaro i suoi propositi sulla Cirenaica, Washington potrebbe tentare di nuovo il generale. Un uomo che un tempo aveva più di un legame con Oltreoceano, tanto da esserne anche cittadino.

Se questo è ciò che accade a est, in Tripolitania la situazione appare a sua volta molto complicata, nonostante l’esistenza del governo di unità nazionale. E la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, apparentemente concentrato altrove, rappresenta ancora oggi la potenza più influente. Il ministero della Difesa turco ha pubblicato le foto di un’esercitazione a largo delle coste libiche dove si vedono i reparti d’assalto della Marina di Ankara che impegnati ad addestrarsi a bordo della fregata Tcg Salihreis. Un’immagine che evidenzia la grande rilevanza della Libia e del Mediterraneo centrale nell’agenda strategica turca, al punto che ad agosto lo stesso governo di Tripoli dovette intervenire per smentire le notizie su una presunta trattativa per una base di Ankara nel porto di Homs. Che la Turchia continui a ritenere la Libia un elemento prioritario dalla sua strategia è stato poi testimoniato da un dato apparentemente simbolico ma che invece ha un importante significato politico. La Sublime Porta, infatti, è stata tra le prime a inviare squadre di soccorso in Cirenaica dopo l’alluvione e non è un mistero che il governo turco abbia interesse a sganciarsi dall’immagine di essere garante solo della parte ovest del Paese. Ankara ha deciso di inviare tre navi con aiuti umanitari, e l’ambasciatore turco in Libia, Kenan Yilmaz, si è recato personalmente a Derna la scorsa settimana per constatare i danni dell’alluvione. Inoltre, come riportato da Nova, il vicepresidente del Consiglio presidenziale, Abdullah al Lafi, ha poi voluto incontrare il rappresentante di Ankara per ringraziarlo degli aiuti.

Questi sono segnali che certificano ancora una volta la capacità di Erdogan di penetrare all’interno del tessuto politico libico, e di costruire una rete di partnership a 360 gradi. E lo scenario di un condominio russo-turco nel Paese nordafricano non è quindi affatto remoto: un’ipotesi che non si è allontanata né con la Russia concentrata sull’invasione dell’Ucraina né con Erdogan intenzionato a mostrarsi più vicino all’Europa e all’Occidente. Anzi, quanto accade in questi giorni nel Caucaso può essere un’altra testimonianza della capacità di Ankara e Mosca di coesistere pur da fronti opposti. E per l’Unione europea e l’Italia sono campanelli d’allarme che vanno ascoltati. Roma è intervenuta con aiuti, squadre di soccorso e militari per aiutare la Libia dopo le inondazioni, e i rapporti con le fazioni locali appaiono più o meno positivi. Il rischio però è che, concentrati sulle emergenze, i decisori Ue si dimentichino della quotidianità di un Paese in preda al caos e duelli geopolitici. E tutto questo accade a poche miglia dall’Italia.