Un killer di nome “Terzo Mandato”: chi sono i big del Movimento 5 Stelle che sarebbero trombati dalla regola

“No al terzo mandato”, lo ha ribadito il garante del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo in un post messianico e articolato quanto chiaro mentre infuria la faida interna tra il leader politico Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il regolamento del M5S prevede ancora oggi che un parlamentare non possa essere eletto per più di due volte, un principio fondante del Movimento che Grillo argomenta come misura di prevenzione al “rischio di sclerosi del sistema di potere” o a una “deriva autoritaria”.

È nel pieno dello scontro Conte-Di Maio, scaturito dalla debacle storica alle amministrative, che esplode il caso in casa 5 Stelle. “Quando era leader Di Maio quello statuto prevedeva un solo organo, il capo politico. Che ora faccia lezioni di democrazia interna a questa comunità fa sorridere. Di Maio vuole fondare un nuovo partito? Ce lo dirà lui in queste ore. Siamo alla vigilia di un appuntamento importante con la valutazione sul doppio mandato. Quindi è un momento di fibrillazione preventivabile per le sorti di moltissime persone del movimento”, ha detto l’ex presidente del Consiglio piccato dalle parole del ministro degli Esteri. “Alle elezioni amministrative non siamo andati mai così male. Credo che M5S debba fare un grande sforzo nella direzione della democrazia interna: nel nuovo corso servirebbe più inclusività, anche a soggetti esterni. Lo dico a voi perché non esiste un altro posto dove poterlo dire”, erano state le parole di Di Maio

Non un bell’ambientino insomma. La regola del secondo mandato potrebbe essere il viatico a una fase tanto nuova quanto incerta del nuovo Movimento. Al momento sui 227 parlamentari pentastellati stanno completando il secondo mandato in 66. E tra questi ci sono anche diversi big del Movimento tra Montecitorio e Palazzo Madama. L’“avvocato del popolo” ed ex premier aveva provato a gestire la situazione pronosticando un voto online degli iscritti. Poi è arrivato il post inequivocabile dell’“Elevato” sul Blog.

“Alcuni obiettano – soprattutto fra i gestori che si arroccano nel potere – che un limite alla durata dei mandati non costituisca sempre l’opzione migliore, in quanto imporrebbe di cambiare i gestori anche quando sono in gamba: ‘cavallo che vince non si cambia’ sembrano invocare ebbri di retorica da ottimati. Ciò è ovviamente possibile, ma il dilemma può essere superato in altri modi, senza per questo privarsi di una regola la cui funzione è di prevenire il rischio di sclerosi del sistema di potere, se non di una sua deriva autoritaria, che è ben maggiore del sacrificio di qualche (vero o sedicente) Grande Uomo”.

A essere tagliati fuori dalle candidature sarebbero tra gli altri lo stesso Di Maio, il presidente della Camera Roberto Fico e la vicepresidente del Senato Paola Taverna. Sarebbe già così una strage di volti e nomi di primo livello del Movimento. Fuori anche i ministri Fabiana Dadone e Federico D’Incà, la viceministra dell’Economia Laura Castelli e altri protagonisti degli anni pentastellati Danilo Toninelli, il capogruppo alla Camera Davide Crippa, il sottosegretario Manlio Di Stefano, il probiviro Riccardo Fraccaro, l’ex capo reggente Vito Crimi, l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

Altri esclusi eccellenti sarebbero il deputato Sergio Battelli e il tesoriere Claudio Cominardi. La regola non riguarda chi dei due mandati ne ha fatto uno a livello locale. “Noi non stiamo guardando al 2050 ma è una forza politica che sta guardando indietro. Che senso ha cambiare la regola del secondo mandato? Io invito a votare gli iscritti secondo i principi fondamentali del Movimento perché questa è una forza che si sta radicalizzando all’indietro”, ha dichiarato Di Maio prima dell’affondo: “Mi sono permesso semplicemente di porre dei temi per aprire un dibattito su questioni come la Nato, la guerra in Ucraina, la transizione ecologica e ho ricevuto insulti personali come quello che ho visto sui giornali stamattina. Temo che M5s rischi di diventare la forza politica dell’odio, una forza politica che nello statuto ha il rispetto della persona”.