Gli anni della pandemia, del lockdown, ci hanno portato alla chiusura delle scuole e all’inizio della Didattica a distanza (DAD). Ci si collegava dal computer o dal telefonino e si faceva lezione. Nonostante l’immenso sforzo organizzativo, soprattutto dei docenti, era evidente la difficoltà per tanti – tutti – i ragazzi ed ha reso molto chiara la differenza abissale tra il fare scuola in “presenza” e farla a “distanza”.

Ci siamo resi tutti conto di quanto la scuola non fosse, e non sia tutt’ora, un insieme di nozioni da trasmettere ma un percorso educativo che si può fare solo insieme. Sono rapporti, amicizie, relazioni, esperienze, dubbi, scoperte che solo “uno a fianco all’altro” è possibile fare. Di questi due anni così difficili e complicati se ne vedono tuttora le conseguenze sui ragazzi e ad aver avuto il contraccolpo più forte sono stati i più deboli.

Serve dialogo, servono rapporti umani e servono adulti. Adulti veri però, che siano all’altezza delle domande dei ragazzi, perché per crescere, servono i ragazzi con le loro domande, le scoperte, i dubbi, ma servono anche e soprattutto gli adulti.

Se qualcuno non avesse chiaro questa dinamica può bussare alla porta di tanti centri di aiuto allo studio che sono nati e stanno nascendo in Italia negli ultimi anni. Uno tra i primi, nato nel 2000, si trova a Milano e si chiama Portofranco e adesso è una rete presente in 50 realtà presenti in tutta Italia. È un centro di aiuto allo studio rivolto agli studenti delle scuole medie superiori. Ogni anno scolastico, solo nella sede milanese, ci sono più di 1.400 studenti iscritti, 300 dei quali sono stranieri.

Grazie alla presenza di oltre 300 volontari, fra docenti in attività e in pensione, professionisti e studenti universitari, Portofranco offre gratuitamente accoglienza nei propri locali e aiuto nello svolgimento quotidiano dei compiti, nel recupero dei debiti formativi e delle conoscenze disciplinari per un totale di oltre 48.000 ore di presenza, di cui più di 17.000 ore di lezione personalizzate all’anno.

Portofranco e tanti altri luoghi come questo, sono un esempio reale di prevenzione della dispersione scolastica, del disagio giovanile, favoriscono l’integrazione fra italiani e immigrati, diventano luogo di convivenza ed esempio per tutti.

Questo luogo nasce nel novembre del 2000 dall’intuizione di don Giorgio Pontiggia, rettore dell’Istituto Sacro Cuore di Milano che, con un gruppo di insegnanti di fronte al problema dell’insuccesso scolastico decidono di partire dal rapporto con i ragazzi in difficoltà proponendo un aiuto “personale” allo studio pomeridiano. Si aggregano negli anni sempre nuovi volontari: docenti, professionisti, studenti universitari, pensionati e crescono i ragazzi che chiedono aiuto allo studio. Tutto in forma volontaria e gratuita e sempre partendo dai ragazzi e dai bisogni.

Il Comune di Milano concede in locazione un ex edificio scolastico dismesso, e l’associazione Portofranco lo ristruttura completamente con donazioni che ogni anno consentono di pagare utenze varie. Un luogo utile e bello, si perché oltre alla innegabile utilità per ragazzi che altrimenti non avrebbero aiuto allo studio, è anche bello, ben arredato, funzionale, accogliente e i ragazzi lo rispettano, cosa non del tutto scontata a guardare come sono ridotte molte classi.

Come tutte le cose serie, chiede serietà, quindi i ragazzi chiedono di partecipare e frequentare, chiedono di iscriversi, si fa un colloquio anche con i genitori, esiste un regolamento. Perché per studiare ed essere aiutato occorre chi aiuta, ma occorre soprattutto la responsabilità di chi vuol essere aiutato, a maggior ragione nello studio, perché alla fine a scuola ci sei tu, non i volontari.

Ad inizio 2023 Alberto Bonfanti, 61 anni, insegnante, presidente e fondatore dell’Associazione Portofranco, è stato insignito dal presidente Mattarella, del titolo di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Un titolo che riguarda tutti i volontari ma anche i ragazzi, perché Portofranco è una comunità non solo un luogo.

Un ragazzo ha valore perché c’è, perché esiste, non per i suoi risultati scolastici” dice Bonfanti, che anche sulla scuola ha le idee chiare: “Dovrebbe diventare sempre di più un luogo di collaborazione e di amicizia tra i docenti; quando ho visto il film di qualche anno fa, «L’attimo fuggente» mi si è gelato il sangue: l’educazione non è la capacità geniale di un singolo individuo, ma il frutto di una comunità che si prende carico del destino dei ragazzi e i ragazzi nella bacheca dove possono lasciare i loro messaggi hanno le idee chiare: “Portofranco è famiglia”, “grazie a Portofranco non ho più stress”, “Portofranco è uno stile di via”. Appunto, Portofranco è proprio il segno, il frutto “di una comunità” che accompagna i ragazzi.