Il voto per eleggere il 13esimo Presidente della Repubblica ha alimentato il toto nomi per il candidato adatto a salire al Colle. Ma non è mancata la volontà di diversi esponenti politici di vedere una donna al Quirinale, forse mosso dal tentativo di sollevarsi dall’imbarazzante vaghezza di una proposta che si ascrive a una mera questione di genere.

Su queste basi, settimane fa autorevoli intellettuali e artiste hanno lanciato un appello per chiedere la candidatura di una donna dal preciso identikit a Presidente della Repubblica. Da Dacia Maraini, Melania Mazzucco, Fiorella Mannoia fino a Liliana Cavani ed Edith Bruck si è sollevato un coro di voci per spezzare una consuetudine tutta a favore degli uomini.

“Molte donne hanno ottenuto stima, fiducia, ammirazione in tanti incarichi pubblici ricevuti, e ci rifiutiamo di pensare che queste donne non abbiano il carisma, le competenze, le capacità e l’autorevolezza per esprimere la più alta forma di rappresentanza e di riconoscimento”, si legge in un passaggio. E ancora: “Si parla di democrazia dei generi ma da questo punto di vista l’Italia è una democrazia largamente incompiuta”.

Mentre i senatori e deputati si avvicendano alla Camera per esprimere la loro preferenza, continuano a spuntare i nomi femminili da proporre per il Quirinale. Già nei mesi scorsi sono state avanzate diverse proposte. In molti hanno citato la ministra della Giustizia Marta Cartabia, ma si è parlato anche della senatrice Emma Bonino e di Maria Elisabetta Casellati, prima donna presidente del Senato. Ma non sono mancati i nomi di Letizia Moratti, Paola Severino e Rosy Bindi, che lo stesso Romano Prodi quando era premier, indicò come il presidente della Repubblica.

Non è mancato nemmeno il nome di Liliana Segre, ma la stessa senatrice a vita ha rinunciato sostenendo di non avere la competenza. Nella storia della Repubblica italiana, però, sono state sprecate diverse occasioni per eleggere una donna per il Quirinale. Ma i voti si contano sempre su palmo di mano.

La prima a ricevere una manciata di voti – quattro – è stata la giornalista Camilla Cederna nel ’78 seguita nel 1992 da Tina Anselmi, che ha ottenuto 19 preferenze, e Nilde Iotti, che ha ricevuto 256 voti: pochi per coronare il sogno di vedere al Colle una donna, per giunta la prima che ha ricoperto la carica di Presidente della Camera (dal 1979 al 1992).

Nel 1999, alle elezioni che incoronarono con un solo scrutinio Carlo Azeglio Ciampi furono depositate nell’urna 16 schede per Rosa Russo Iervolino e 15 per Emma Bonino. In quell’anno, la leader dei radicali si è impegnata in una campagna di opinione “Emma for president“, che aveva raccolto molti consensi nei sondaggi, ma che non si concretizzò nel consenso in Parlamento.

Un’altra occasione è stata sprecata nel 2006: quando è stato eletto Giorgio Napolitano, nelle urne sono state inserite diverse schede per i nomi di Emma Bonino, Anna Finocchiaro e Franca Rame, candidata dal leader di Italia dei Valori Antonio Di Pietro, che ottiene 24 voti. E nel 2013, in quello che sembra un deja vu quirinalizio, Emma Bonino e Anna Finocchiaro hanno ricevuto una manciata di voti, oltre a Rosy Bindi, Paola Severino, Alessandra Mussolini, Daniela Santanchè. Al quarto scrutinio anche Annamaria Cancellieri, l’ex ministra dell’Interno durante il governo Monti, ha ottenuto 78 preferenze.

Nel 2015, quando è arrivato il turno di Sergio Mattarella, nelle urne sono state inserite 25 schede per la leader dei radicali Bonino e 37 per la giornalista ed europarlamentare Luciana Castellina.

Ma anche in questa occasione, la partita potrebbe chiudersi prima che una donna salga al Colle.

 

 

 

 

 

 

 

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