Pd e Forza Italia dicono di sì
Un’Alta Corte per giudicare pure toghe, tanti consensi bipartisan
Mentre ieri la Ministra Cartabia incontrava per l’ennesima volta il premier Mario Draghi per fare il punto sulla riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, nel dibattito rispuntava da più parti il tema, lanciato tempo fa da Luciano Violante, di un’Alta Corte, che funga da giudice di appello sulle decisioni disciplinari e amministrative del Consiglio Superiore della Magistratura.
La questione è tornata alla ribalta soprattutto dopo l’ultima pesante frizione tra Csm e Consiglio di Stato che ha decapitato i vertici della Cassazione a pochi giorni dall’inaugurazione dell’anno giudiziario. A rilanciare la proposta è stata ieri la responsabile giustizia del Partito democratico e vicepresidente del Senato, Anna Rossomando, dalle pagine di Repubblica: «Siamo talmente a favore, che abbiamo già presentato al Senato un disegno di legge a mia prima firma per istituirla. Nel Csm resterà una sezione disciplinare che giudica i magistrati – ha spiegato l’esponente dem – mentre l’Alta corte sarà un giudice di appello e ricorso per tutte le magistrature. Tutte le impugnazioni sia contro le decisioni disciplinari, che sulle nomine contestate saranno trattate lì».
La composizione ricalcherebbe quella della Corte Costituzionale: un terzo dei componenti eletti dal Capo dello Stato, un terzo dalle Camere e un terzo dalle magistrature. Al Senato è incardinato appunto un ddl di natura costituzionale proprio a firma Rossomando: «Modifiche al Titolo IV della Parte II della Costituzione in materia di istituzione dell’Alta Corte», annunciato nella seduta del 28 ottobre 2021, ma anticipato in un documento di maggio su tutte le riforme della giustizia da mettere in cantiere. E confermato da una recente dichiarazione sempre a questo giornale del dem Walter Verini. Sulla possibilità che possa essere approvata una legge, occorre un’ampia volontà politica: «Sarebbe una bella dimostrazione di reale volontà riformatrice del Parlamento» ha concluso la Rossomando.
Nello specifico, secondo l’articolo 138 della Costituzione, «Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione». Quindi bisognerebbe davvero accelerare per raggiungere l’obiettivo in questa legislatura, non contando il possibile ostruzionismo della lobby della magistratura. Ma sulla primogenitura della proposta dell’Alta Corte, ieri è arrivata anche una nota della presidente dei senatori di Forza Italia Anna Maria Bernini: «Apprendo con soddisfazione che il Pd aderisce alla nostra proposta di un’Alta Corte esterna che funga da giudice di appello sulle decisioni disciplinari e amministrative del Csm. La commistione tra parte amministrativa e disciplinare è un elemento distorsivo che ha condizionato nel tempo nomine e carriere a piacimento della maggioranza, e dunque superare questo meccanismo va nella direzione da noi sempre indicata per arrivare a una reale riforma della giustizia. Vogliamo credere alle buone intenzioni e confidiamo sia la volta buona».
Ad accogliere positivamente l’iniziativa parlamentare sull’Alta Corte è stato il Presidente dell’Unione delle Camere Penali Gian Domenico Caiazza, parlando all’Adnkronos: «L’ho sempre considerata una proposta sensata e interessante sulla quale si può lavorare. Bisognerà vedere nel dettaglio, naturalmente, come verrebbe strutturata e da chi sarà composta, ma il fatto di creare un soggetto giudicante in qualche modo esterno al Csm mi sembra una buona idea. Dunque l’apertura del Pd va salutata positivamente». Tra il dire e il fare la distanza è lunga e il leader dei penalisti ne è consapevole: «Mi auguro – conclude Caiazza – che non rimarrà tutto sulla carta, ma in ogni caso il varo dell’Alta Corte segnerebbe un passo ma ancora insufficiente. Bisogna comunque affrontare con coraggio i grandi temi della modifica dell’attuale automatismo dell’avanzamento delle carriere e il tema del distacco dei magistrati presso l’esecutivo. Sono due grandi temi che se non vengono affrontati non consentiranno una riforma autentica della crisi della magistratura italiana».
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