La Bosnia-Erzegovina appare nei media soprattutto con esempi di politici che destabilizzano. Eppure, anche se poco numerosi, ci sono dei politici che pensano davvero al futuro di questo Paese e che lavorano per riuscire a rafforzarlo. Tra questi, ad esempio Denis Bećirović, professore di filosofia e membro della presidenza tripartita della Bosnia ed Erzegovina.
Bećirović è membro dell’attuale Presidenza tripartita, eletta nel mese di ottobre 2022. Dal 2018 al 2022 è stato delegato alla Camera dei Popoli dell’Assemblea Parlamentare della Bosnia ed Erzegovina. In precedenza, dal 2006 al 2010 e dal 2014 al 2018, è stato membro dell’altra camera, la Camera dei Deputati. Dal 2010 al 2014, ha inoltre ricoperto la carica di presidente/vice presidente della Camera dei Deputati dell’Assemblea parlamentare della Bosnia ed Erzegovina.

Ha insomma una solida esperienza politica alle spalle, che gli permette di muoversi nel labirinto dell’ambiente istituzionale in Bosnia Erzegovina ma conosce anche e soprattutto le attese dell’Unione europea nei suoi riguardi.
Politicamente parlando, Becirovic, esponente del Partito Socialdemocratico (SDP) e sostenuto da 11 partiti di opposizione di orientamento civico, ha ottenuto il 55,78% dei voti su Bakir Izetbegovic, il cui partito nazionalista bosgnacco (musulmano) dell’Azione Democratica (SDA) è al potere dalle prime elezioni dopo la guerra nel 1996 . Si pone come un moderato, e la cooperazione che, solitamente, costruisce insieme al membro croato della presidenza Komsic, lo dimostra.
Il presidente Denis Bećirović è originario di Tuzla, città industriale e multietnica nel nord-est della Bosnia-Erzegovina, dove si è laureato presso la Facoltà di Filosofia nel 1998. Ha completato gli studi post-laurea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università di Sarajevo dal 2000 al 2002, e si è laureato nel 2004 con un Master of Historical Sciences. Nel 2010 ha conseguito il dottorato di ricerca in scienze storiche presso la stessa facoltà. È quindi un accademico che sa analizzare i fatti e riflettere con metodo. Ha ricevuto diversi riconoscimenti nazionali e internazionali per il suo lavoro sui diritti umani e le libertà civili.

Questo background è molto particolare e sicuramente gli permette, rispetto agli altri politici, di seguire approcci diversi riguardo alle sfide che aspettano la Bosnia-Erzegovina.
Bećirović assume una posizione molto chiara nei confronti dell’etnonazionalista serbo Milorad Dodik: egli sostiene, infatti, che l’Unione europea dovrebbe imporre delle sanzioni a Dodik a causa della sua messa a repentaglio dell’accordo di pace di Dayton e la sua negazione delle decisioni definitive del tribunale internazionale e della Corte costituzionale.
Bećirović sottolinea spesso il peso del passato, della guerra e del genocidio, chiarendo che tutto questo non è semplicemente finito con i negoziati di pace, ma che lo stesso sentimento negativo, lo stesso odio, aleggiano ancora nel Paese. Ribadisce che la legge contro la negazione del genocidio è essenziale, anche se che Dodik e la Republika Srpska non la rispettano. Senza chiarezza sul passato non potrà esserci un presente sostenibile.

La cooperazione nella Presidenza fra Bećirović e il membro croato Komsic negli ultimi mesi, costituisce un esempio del tipo di politica che potrebbe far uscire la Bosnia-Erzegovina dallo stallo attuale, e portare il paese davvero verso un futuro nell’Unione europea.
Chiedendo con grande chiarezza il rispetto per la Bosnia-Erzegovina e per la sua uguaglianza sovrana, Bećirović ha sottolineato più volte che il ruolo della Croazia e della Serbia (con le continue interferenze negli affari interni della Bosnia-Erzegovina) è da considerare negativamente e deve cessare il prima possibile, altrimenti non si potranno creare delle buone relazioni tra vicini.
In questo contesto, un peso forte è rappresentato dal ruolo negativo di Dodik. Secondo Bećirović, Dodik sta infatti minacciando il processo di pace andando contro l’accordo di Dayton e la Costituzione della Bosnia ed Erzegovina. Da mina vagante della politica interna, con la sua retorica divisiva e nazionalista e gli annunci della secessione, è diventato una minaccia per la sicurezza dell’intera regione.
La domanda principale è se sia possibile che in Bosnia-Erzegovina prima o poi si trovino politici impegnati davvero per uno stato funzionante e funzionale, senza il quale il paese non potrà avere un futuro nell’integrazione europea. La via è quella di superare le divisioni etniche, con la costruzione di una comunità rispettosa delle diversità e inclusiva.
Attualmente purtroppo questo approccio rappresenta un’eccezione. La storia pesa ancora troppo e non si cerca di rielaborarla, men che meno insieme. Ma proprio questo sarebbe necessario per poter cambiare la situazione e migliorare il futuro.

Avatar photo

Nata a Trento, laureata in Scienze Politiche all’Universitá di Innsbruck, ho due master in Studi Europei (Freie Universität Berlin e College of Europe Natolin) con una specializzazione in Storia europea e una tesi di laurea sui crimini di guerra ed elaborazione del passato in Germania e in Bosnia ed Erzegovina. Sono appassionata dei Balcani e della Bosnia ed Erzegovina in particolare, dove ho vissuto sei mesi e anche imparato il bosniaco.