Prima la “fronda” di alcuni senatori repubblicani che hanno spinto per la marcia indietro sui dazi. Poi i due avvocati, di fede MAGA, Robert Hur e William Burck, che hanno scelto di difendere l’Università di Harvard nello scontro sui tagli decisi dall’amministrazione americana, mettendosi in rotta di collisione col presidente. Cosa sta accadendo nella destra americana e perché proprio le università stanno diventando un terreno di scontro feroce, tanto da spingere anche l’ex presidente Obama a dichiarare pubblicamente che la libertà accademica è a rischio? L’attrito dei trumpiani con il mondo universitario non è cosa nuova e risponde a una strategia, una visione della società più generale, che oggi è divenuta politica governativa.

Già nel 2021 avevano suscitato non poche polemiche le parole di JD Vance, durante un convegno della Fondazione Edmund Burke, think tank della destra statunitense, in cui dichiarava che “le università non trasmettono conoscenza e verità, ma inganni e menzogne” e che occorre “attaccarle onestamente e aggressivamente” perché “i professori sono il nemico”. Per i sostenitori del MAGA e per molti americani, l’accademia ha smesso da tempo di essere un luogo di ricerca neutrale e si è trasformata in un’arena di indottrinamento ideologico. La critica non è rivolta solo a specifici programmi di studio, come quelli sulla teoria critica della razza o agli studi di genere, ma alle università nel complesso che non sarebbero più un’autorità indipendente, ma apparati di potere attivi per preservare il dominio culturale delle élite progressiste.

Va detto che l’aumento esponenziale delle rette, taglia fuori dai curriculum accademici proprio quella parte della popolazione che ha rieletto Trump. Inoltre, le recenti prese di posizione pro-Gaza di alcuni atenei e l’introduzione di ferree normative woke, hanno suscitato più di una preoccupazione nello stesso mondo accademico e in parte dell’opinione pubblica, non solo in ambito conservatore. Oggi la battaglia politica dell’amministrazione Trump non è un semplice scontro con alcuni dipartimenti universitari, ma contro una certa idea di sapere accademico come fondamento della governance e della società. Si sa poi che la scelta della conflittualità verbale è un timbro di questo governo e non fa sconti, così come non ha risparmiato accuse di parassitismo agli storici alleati europei. Ma è proprio la strategia dell’elmetto a ogni costo che sta iniziando a suscitare preoccupazione anche tra le file del GOP.

La vera questione è che l’America ha sempre fatto dell’eccellenza e della libertà delle proprie istituzioni un fiore all’occhiello. Gli atenei rappresentano ancora un’opportunità di riscatto sociale, fondato sul merito, per molti americani e non solo. Passino dunque le sparate sui dazi, passino le scelte traballanti in politica estera, ma mettere in discussione le università significa attaccare un simbolo quasi religioso e minare le basi della democrazia americana. Non stupisce allora che il mal di pancia monti e, alla lunga, questo scontro può rivelarsi un termometro affidabile della tenuta stessa del consenso trumpiano.