Per la maggioranza Ursula tutto può ancora succedere. È di giovedì scorso la decisione della Conferenza dei Presidente – la corrispondente a Bruxelles della “capigruppo” a Montecitorio – di confermare l’agenda prevista per il voto di giovedì prossimo. Smentita quindi l’eventualità di anticipare i lavori per permettere ai parlamentari di andare un aeroporto e tornare a casa. Dichiarazione di von der Leyen, dibattito e votazione: tutto dovrà essere fatto tra le 9 del mattino le 14,45 del pomeriggio. La conferma alla Presidenza della Commissione è di 361 voti. Visti i tempi stretti, è plausibile che qualche parlamentare lasci l’emiciclo con la scusa di non voler perdere l’aereo. E così farebbe mancare il suo sostegno. Se poi si aggiunge che è previsto lo scrutinio segreto, si arriva a dire che, la strada è già in salita.

Superato questo scoglio, il problema sarà gestire un’opposizione bipolare, che ha molti strumenti con cui poter rendere difficile il lavoro della Commissione in Parlamento. Désobéissance, si diceva. Il paradosso è che il grido di battaglia dei populisti di destra e di sinistra è lo stesso. Perché lo stesso è il nemico: l’Europa burocratica, che comanda e impone. Il progetto di boicottaggio interno all’Ue (e a Parigi) di Bardella, come anche di Orban e di tutti gli europarlamentari Patrioti, è uguale e contrario a quello di Melenchon, o di Manon Aubry, voce tonante della France Insoumise a Strasburgo. Per entrambi gli estremismi, la disobbedienza è l’alternativa più efficace alla Brexit. Visto che a Londra è andata male, meglio erodere il sistema dall’interno. Obiettivo: porsi di traverso a qualunque tentativo di realizzazione di quel modello europeo che proprio Emmanuel Macron ha descritto nel suo discorso alla Sorbona neanche tre mesi fa. Un’Europa aperta alla libera circolazione delle merci e delle persone. Un’Europa protagonista dell’innovazione e della ricerca, dotata di una politica industriale a 27 e di un piano di investimenti comuni. “Un’Europa come potenza”, che non vuole restare indietro.

La destra patriottica non ha alcuna intenzione di identificarsi con questo modello. E come potrebbe? Non c’è mai un accenno, in quel discorso, alle nazioni, alle bandiere, alle patrie. Risentita e ferita per il gol mancato domenica scorsa in Francia, entra a Strasburgo con il coltello tra i denti. Forte dei suoi 88 parlamentari, è convinta di poter chiamare a bordo del suo nuovo progetto – questo sì fatto di identità che non vogliono coagularsi – popolari e conservatori disillusi dalla nascitura maggioranza Ursula Atto II. Nel caso poi che ostruzioni e altri sotterfugi non dovessero funzionare, i Patrioti sanno bene che ci sono i trattori da far scendere di nuovo in piazza. Come si è visto al voto del 9 giugno, la destra è certa di poter fare da magnete alla collera di quegli elettori e imprenditori che, tra automobili e case, si sono visti frugare nelle tasche e ferire nella dignità, da questa Europa arrogante, che pretende di dar lezione di come si fa impresa, si coltiva un campo o si restaura una casa.

Lo stesso può fare la Sinistra unitaria. Anzi. La sua disobbedienza è potenzialmente ancora più incisiva. Visto che Socialisti e Verdi un canale di dialogo con i suoi 47 membri lo tengono aperto. Non fosse altro per gli italiani dei 5s e del Pd. La forza degli anti-Ue sta nel poter attrarre ai propri estremi quei moderati la cui fede nell’Europa odierna sta scricchiolando. È un processo inverso a quello che la politica tenta di fare ogni giorno. Anziché diluire l’esasperazione, la si consolida indebolendo le correnti moderate e riformiste. Non è un lavoro facile. Soprattutto perché a far da mossiere resta il Ppe. Garantirsi la presidenza delle commissioni strategiche – agricoltura, industria, ricerca, salute e budget comunitario – significa avere in mano tutto il Green Deal e il REPowerEU. Ovvero quegli investimenti comuni di cui parlava Macron alla Sorbona. E così proteggerli da chissà quale follia di Orban. O chi per lui. Questo è il vero cordone sanitario. Non è un lavoro facile perché désobéissance, ostruzionismo e trattori non bastano a far da Piano B al discorso della Sorbona e tanto meno potranno contrastare il rapporto Draghi sulla competitività Ue, che sapientemente Bruxelles non ha ancora pubblicato. Cosa ci sia scritto in quel documento vorrebbero saperlo tutti. Certo è che non sarà un intralcio a imprese ed elettori moderati, traditi dalla passata legislatura e che ora non devono rimanere esposti alle lusinghe di M. Bardella et camarades.

Antonio Picasso

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