Ursula fa discutere Bruxelles, eccome se fa discutere. La sessantacinquenne politica tedesca, figlia d’arte essendo nata e cresciuta fino a 13 anni nel quartiere europeo di Bruxelles, Ixelles, dove suo padre era uno dei primi funzionari pubblici europei presso la Commissione, esponente dei cristianodemocratici tedeschi della CDU, 7 figli, a lungo ministra del governo Merkel, è stata eletta presidente della Commissione il 16 luglio 2019 e da allora è fortemente cresciuta in visibilità, abilmente amplificata, grazie alla pandemia Covid, alla guerra in Ucraina ed anche alla conflittualità – neppure così tanto nascosta – col presidente del Consiglio Europeo Charles Michel.

Sono le ultime mosse che, come fa notare il seguitissimo sito internet Politico, Bibbia per la politica di Bruxelles, hanno fatto discutere più d’uno, specie se seguite da un quadriennio in cui lei non ha mai mancato qualunque possibilità di prendersi la ribalta. Poco dopo l’attacco di Hamas, Ursula ha fatto un viaggio non programmato in Israele ed ha espresso solidarietà con le vittime dei terroristi ma non ha fatto cenno, hanno fatto notare in molti, alla necessità nella controffensiva di rispettare le regole del diritto internazionale. In quelle ore è emersa anche una evidente difformità di vedute col capo della diplomazia europea, Josep Borrel, che sabato a Pechino ha pronunciato parole abbastanza chiare su dove si decida la politica estera dell’Unione: “La politica estera è decisa dai leader dei 27 paesi dell’UE ai vertici internazionali e discussa dai ministri degli Esteri in riunioni ‘presiedete da me’”, ha tenuto a precisare. Ursula non esagerare, questa la sintesi.

Un altro momento assai criticato a Bruxelles è la vicenda tunisina, che peraltro riguarda anche il nostro paese. L’accordo firmato col presidente per contrastare l’immigrazione irregolare, sbandierato ai quattro venti come la soluzione delle soluzioni, è stato un flop colossale, dal momento che lo stesso presidente tunisino a inizio mese ha poi sdegnatamente rifiutato i primi pagamenti. Da molti è stato visto come un ulteriore tentativo di prendersi visibilità ma anche, dicono i più maligni, di togliere dalle grinfie di Weber la presidente del consiglio italiana nella sua smania di accreditarsi come sì conservatrice, ma ragionevole ed affidabile.

“È solo ansia da prestazione”, ci dice una fonte bene informata di Bruxelles. “Fa tutto in fretta per avere visibilità, ma farebbe bene a cogliere una foto opportunity in meno e a pesare di più i suoi passi, perché così potrebbe bruciare un secondo mandato che in tanti sono disposti a confermarle”. Insomma, va bene una presidente della Commissione vivace e presente, attenta e visibile: è la figura principale dell’Unione Europea, figurarsi se gli europeisti non siano contenti. Ma appunto, ci dicono altre fonti, che sia una presidente, non una Regina capricciosa.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva