Martedì prossimo alle tre del pomeriggio l’ex Presidente degli Usa, Donald Trump, si consegnerà alla Corte federale di Miami. In inglese “to surrender” è qualcosa di più drammatico del nostro andare a una convocazione: implica la sottomissione e l’umiliazione, in un modo sconosciuto alle nostre tradizioni, e l’effetto di fronte al pubblico e ai media è una sorta di degradazione morale. Donald Trump è stato incriminato per sette reati emersi dalla perquisizione nella sua villa di Mar-a-Lago alcuni mesi fa. Là, in fondo ad un garage gli agenti dell’FBI trovarono casse di documenti segreti usciti illegalmente dalla Casa Bianca.

La reazione di Trump davanti alle telecamere è stata sprezzante: “L’amministrazione Biden, sapendo in partenza di essere sconfitta, è pronta a tutto pur di impedire la mia rielezione. Oggi è un giorno molto triste per l’America”. Quando gli hanno chiesto come giustificasse quei documenti segreti nella sua casa privata, ha alzato le spalle: “L’ho già detto: questa è la montatura degli scatoloni”. Trump era stato già convocato una volta per la stessa vicenda. Va detto che l’FBI ha compiuto perquisizioni anche nelle case e le ville di altri presidenti, trovando sempre qualche carta proibita, ma il caso Trump appartiene alla dimensione politica.

Secondo i primi sondaggi diffusi ieri, la notizia non ha modificato le intenzioni di voto che ancora confermano l’ex Presidente come il “front runner” repubblicano alle elezioni del prossimo anno da cui potrebbe uscire nuovamente eletto. La rimonta di Donald Trump non si è dunque interrotta. Prosegue guadagnando punti sia rispetto ai candidati del suo partito in cui precede di molti punti il governatore della Florida Ron DeSantis, sia sul Presidente in carica, Joe Biden, che continua a inciampare davanti alle telecamere.

La strategia di Trump oggi consiste nel dichiararsi capace di chiudere la guerra in Ucraina: “Conosco Putin e conosco Zelensky. Il presidente cinese Xi Jin Ping è stato ospite a casa mia”. Alla domanda “E se lei fosse presidente, parlerebbe con Putin, Zelensky e Xi Jin Ping?” – “Lo farei immediatamente e chiuderei la guerra”. Da una settimana i “surveys” registrano il nervosismo del ceto medio preoccupato per il costo delle armi donate all’Ucraina, e teme una stangata fiscale. In secondo luogo, la destra americana mostra una crescente simpatia per Putin perché protegge la famiglia tradizionale e mette al bando il popolo Lgbt.

Intanto, a Mosca e San Pietroburgo, le numerosissime interviste per strada dicono che la maggioranza dei russi, questa guerra la vuole chiudere con una vittoria militare. Ma nella Russia asiatica le comunità soffrono terribilmente per la strage di adolescenti mandati al massacro in Ucraina, Quando hanno chiesto a Trump se avesse sentito Putin dall’inizio dell’invasione, ha risosto no, ma lo ha detto lasciando intendere che potrebbe anche averlo fatto.

La politica estera di Trump non cambia: isolazionismo armato senza concedere alcun privilegio all’Europa che disprezza profondamente perché usa le forze armate americane come garanzia della propria indipendenza. Nel frattempo l’amministrazione democratica perde consensi. I Dem sono sempre più preoccupati dalla prospettiva che l’eventuale uscita di scena di Biden possa portare Kamala Harris nello Studio Ovale, una prospettiva che non piace a una buona metà del partito.

Paolo Guzzanti

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