Esteri
Usa, Bloomberg si candida con i dem: “Corro per battere Trump”
“Correrò per la presidenza per sconfiggere Donald Trump e ricostruire l’America”: lo ha annunciato sul sito della propria campagna elettorale il miliardario Michael Bloomberg, sciogliendo così ogni indugio sulla sua candidatura con i democratici.
L’annuncio formale arriva alla vigilia di una settimana di spot biografici da 30 milioni di dollari che partirà domani in oltre venti Stati americani, dalla California al Maine. Il tre volte ex sindaco di New York sembra intenzionato a saltare le primarie nei primi quattro stati in febbraio e scommettere su quelle di marzo in altri stati più grandi, come la California. Il suo entourage aveva spiegato che Bloomberg teme che nessuno dei candidati dem sia in grado di battere Trump, ritenendo debole il moderato Joe Biden e troppo a sinistra gli altri due frontrunner, i senatori Elizabeth Warren e Bernie Sanders.
We cannot afford four more years of President Trump’s reckless and unethical actions.
The stakes could not be higher.
We must win this election.
And we must begin rebuilding America. https://t.co/W6P9uaCyqN
— Mike Bloomberg (@MikeBloomberg) November 24, 2019
Michael Bloomberg, uno degli uomini più ricchi del mondo, non accetterà donazioni politiche nella sua campagna per la Casa Bianca e, se verrà eletto, rinuncerà allo stipendio.
“Non possiamo sopportare altri quattro anni di azioni spericolate e disoneste del presidente Donald Trump. Egli rappresenta una minaccia esistenziale per il nostro Paese e i nostri valori. Se vince un altro mandato, potremmo non riprenderci più dal danno”: lo afferma Michael Bloomberg in un video che accompagna l’annuncio della sua candidatura alle primarie dem per la Casa Bianca.
“Un ragazzino della classe media che è stato bravo”. Così viene presentato Michael Bloomberg nel video di un minuto che ufficializza la sua discesa in campo come democratico per la corsa alla presidenza degli Stati Uniti. E la sua campagna elettorale sarà autofinanziata, perchè lui “non può essere comprato”, assicurano dal suo entourage. Michael Bloomberg aveva flirtato con la presidenza già nel 2016, come indipendente. Lo scorso anno si era iscritto al partito dell’Asinello per sondare il terreno alla primarie dem ma a marzo rinunciò.
“Penso che avrei battuto Donald Trump all’elezione generale ma riconosco la difficoltà di vincere la nomination democratica in un campo così affollato”, spiegò il magnate dei media 77enne, bianco, moderato conservatore, vicino a Wall Street ed iscritto ad un partito dalla base sempre più liberal, giovane e aperta alla diversità. Ci ha ripensato perchè ritiene che non vi sia in campo nessun dem con la stoffa per surclassare Trump alle urne a novembre del 2020. Bloomberg ha fatto la sua fortuna con la società che porta il suo nome, un impero dell’informazione e dei dati finanziari utilizzato in tutto il mondo da banchieri, analisti, operazioni di trading azionario.
Dopo il successo imprenditoriale si è buttato in politica. Si è candidato a sindaco di New York nel 2001, correndo come repubblicano in una città notoriamente democratica. È stato non solo eletto ma anche riconfermato per altre due volte alla guida della città, fino 2013. Durante il suo secondo mandato, abbandonò il partito repubblicano diventando indipendente. Con un patrimonio stimato in 54,4 miliardi di dollari, si trova all’ottavo posto nella classifica dei miliardari di Forbes.
Nasce a Boston nel 1942 con la finanza nel Dna: è figlio di un contabile. Si laurea nella prestigiosa Johns Hopkins University e, nel 1966, consegue un Mba a Harvard. Approda a Wall Street con la Salomon Brothers, diventandone partner nel 1972. Nel 1968 fonda la Bloomberg Lp di cui controlla l’85%. Conservatore sul fronte economico, sostiene istanze liberal sui temi sociali e ambientali. Ha lanciato Beyond Carbon,la più grande organizzazione mobilitata contro i cambiamenti climatici, in netto contrasto con Trump. Per la sua attività di filantropo, si è aggiudicato la terza posizione nella classifica elaborata da Forbes e Shook Research sui principali 50 donatori d’America.
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