Usare gli interessi dei fondi russi in Europa per armare l’Ucraina, la strategia dell’Ue in vista del Consiglio

Forse l’Europa ha trovato il modo di far pagare ai russi gli aiuti e le armi che l’Unione intende mandare all’Ucraina, concedendo un dono di consolazione, o un alibi all’ostile premier ungherese Orbàn e senza violar le leggi internazionali. Ieri Orbàn ha messo a segno un’altra delle sue manovre internazionali stringendo un patto commerciale-militare con la Serbia, che è un Paese per sua natura vicinissimo alla Russia. Come far, dunque, diventare operativo un piano che non infranga le leggi internazionali come accadrebbe se con un colpo di mano l’Europa confiscasse il tesoro russo depositato presso la banca centrale, e lo spendesse in armi e sostegni per l’Ucraina? Nessuno se lo sogna perché sarebbe un casus belli e perché mai il tribunale dell’Aia potrebbe consentire una tale appropriazione indebita.

La soluzione trovata e perfezionata sembra questa: si cercherà di mettere le mani non sul capitale ma sugli interessi che quella massa di denaro genera ogni anno. Nel 2023 gli interessi russi maturati nella Banca Europea sono stati quattro miliardi di quattrocento milioni, non sufficienti per riarmare l’esausta Ucraina, ma che rappresentano una boccata d’ossigeno. Oggi e domani i singoli i membri dell’Unione dovranno decidere l’approvazione del piano concepito Josep Borrell, capo della diplomazia europea, quando si rese conto che il Congresso degli Stati Uniti forse non avrebbe mai sbloccato i 60 miliardi che Joe Biden aveva stanziato per Kiev.

Intanto la situazione ucraina sul campo è sempre più drammatica perché i soldati non hanno più munizioni e aumenta il numero dei caduti. Ciò accade da quando la tanto attesa, o temuta, controffensiva ucraina della scorsa estate fallì per errori sia strategici (aver concesso ai russi il tempo di solidificare fortificazioni ormai inespugnabili) che politici. La crescente influenza di Donald Trump sul partito repubblicano con la sua vittoria alle primarie ha fatto il resto: se vince Biden l’Ucraina avrà i fondi e le armi americane, ma se vincerà Trump per Kiev sarà la fine. E dunque l’Europa si è trovata di fronte a una scelta secca: o mettere mano al portafogli e consentire agli ucraini di combattere per impedire una vittoria russa entro la prossima estate, oppure – appunto – ingoiare la vittoria di Putin, il quale ha nel frattempo minacciato altri paesi confinanti, come la Lituania, la Svezia e la Finlandia da poco entrate nella Nato.

Si è così arrivati alla conclusione che consentire al presidente russo la vittoria sull’Ucraina, non solo non chiuderebbe la prospettiva della guerra ma la allargherebbe fino a minacciare la sicurezza stessa dei membri dell’Europa orientale, specialmente la Romania e in prospettiva anche la ben armata Polonia. Se far cadere l’Ucraina significa far crescere la spinta espansionistica russa, allora, ha dichiarato più volte Borrell, l’Europa si troverebbe la guerra in casa. Ma dove prendere i soldi necessari a non far vincere la Russia? È così nata l’idea di mettere a frutto, senza però toccarli, i 260 miliardi di euro della Banca Centrale Russa, che stazionano nel caveau della Banca Europea, oltre che in altre banche centrali fra cui quella australiana. E così è stato aumentato il massimale dell’EPF, sigla che sta per fondo europeo per la pace: un fondo realizzato da molti anni per fornire aiuto a Paesi africani. L’Eurodiplomazia si è messa in moto ed è nata l’idea di non toccare i fondi russi, ma di spendere gli interessi che quei fondi generano ogni anno: quattro miliardi e mezzo ogni anno sono quanto basta per rilanciare il sostegno all’Ucraina, facendo a meno degli americani.

C’è poi il Regno Unito che ha una aggressiva politica di aiuti militari specialmente nella guerra navale che ha causato alla flotta russa del Mar Nero molte catastrofi. Bisogna solo impedire che il tesoro russo non prenda il volo e infatti è stato congelato attraverso la politica delle sanzioni: appartiene a Mosca, ma è prigioniero a Bruxelles. Così si è arrivati alla decisione, che ieri è stata confermata, di trasferire all’EPF il 90% degli interessi generati dal tesoro russo. L’EPF, European Peace Facility, userà i fondi generati dagli interessi del tesoro russo per rimborsare le armi che i singoli Stati consegnano a Kiev. Se l’Italia, supponiamo, consegnasse all’Ucraina armi per un milione di euro, potrebbe poi passare alla cassa dei rimborsi dell’EPF che pagherebbe con fondi generati dal tesoro russo congelato, ma redditizio.

E qui arriva il colpo di genio di Borrell: destinare il 10% rimanente per le diverse politiche dei Paesi che non intendono in alcun modo aiutare l’Ucraina. Il caso più evidente è quello dell’Ungheria di Orbàn, che non si sogna nemmeno lontanamente di mandare armi a Kiev. Diciamo che questa è stata la chiave di volta del meccanismo messo a punto dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza: pagare un pedaggio a Budapest (e a chi si volesse accodare). Non si può ancora dire che sia fatta perché saranno i governi dei paesi dell’Unione a ratificare il meccanismo con cui estrarre dal tesoro russo congelato in Europa quanto basta per sostenere l’Ucraina impedendo quella che oggi sembra una disfatta irreparabile.

In Italia ovviamente la Lega di Matteo Salvini annaspa per prendere le distanze dalla decisione maturata a Bruxelles, mentre il giornale più influente della sinistra francese, Le Monde, rivela la prima parte delle gigantesche frodi elettorali perpetrate in Russia per far apparire la vittoria di Putin un trionfo indiscutibile. Le notizie finora raccolte su quel fronte dicono che i partiti e gli indipendenti cui era stato sempre consentito di controllare la legalità dei seggi elettorali e dei comportamenti del governo e della polizia, sono stati messi fuori gioco. Il livello della truffa elettorale viene valutato dal giornale francese superiore al 50% dei voti scrutinati e persino la semplice vittoria di Putin sembra dubbia. Mai dichiarazione è apparsa tanto infelice e frettolosa come quella di uno dei due vicepresidenti del Consiglio. Deve essere ancora ratificata comunque l’intenzione politica di sostenere l’Ucraina nella sua guerra difensiva e di farlo anche se a novembre le elezioni americane portassero di nuovo alla Casa Bianca il repubblicano Donald Trump. Negli Stati Uniti cresce un movimento di dissenso all’interno del partito repubblicano che potrebbe portare ad una scissione tra amici e nemici dell’Europa e questo risultato sarà misurabile soltanto fra alcuni mesi. Ma lo stato della guerra e le decisioni sia dell’Europa che dell’America, sono ancora incerti e seguiteranno ad esserlo almeno fino alle elezioni europee di giugno.