Secondo la rivista scientifica The Lancet, nonostante il distanziamento sociale, le mascherine, il tracciamento e una potenziale cura farmacologica, la pandemia non finirà fino a quando i vaccini non verranno distribuiti alla maggior parte della popolazione mondiale. La licenza per la produzione dei vaccini contro il coronavirus non basta. Infatti i farmaci devono essere anche prodotti e il prezzo d’acquisto per i paesi deve essere accessibile per tutti, non solo per i paesi con il reddito alto. Sono circa 10 miliardi di dollari le risorse investite per lo sviluppo dei vaccini e non sempre tutti quelli che iniziato la sperimentazione poi vengono approvati per il commercio. La World Health Organization (WHO) ha approvato solo cinque su oltre sessanta vaccini sperimentati, mentre Cina, India, Kazakhistan e Russia ne hanno approvati altri cinque.

Le aziende farmacologiche hanno ricevuto ciascuna quasi un miliardo di dollari e di cui circa il 20% proveniva da US Government and the Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI). Ma una volta prodotto il vaccino, il prezzo d’acquisto deve essere accessibile anche per i paesi a basso e medio reddito, che comprendono l’85% della popolazione globale.

Gavi the Vaccine Alliance, un’organizzazione internazionale che acquista i vaccini per i paesi più poveri, ha pagato i vaccini per il Covid-19 al prezzo più basso, circa mezzo dollaro per dose. Subito dopo ci sono i paesi coperti dall’UNICEF, dalla Pan American Health Organization e dai paesi a medio reddito per finire con i paesi ad alto reddito che li hanno acquistati al prezzo di circa 16 dollari per dose.

Oltre allo sviluppo e all’accessibilità economica dei vaccini, un pilastro essenziale della sfida della vaccinazione è garantire la disponibilità di dosi sufficienti a livello globale. Per non commettere gli stessi errori fatti durante la pandemia di influenza H1N1 del 2009, quando i paesi ricchi hanno acquistato la maggior parte della fornitura globale di vaccini, lasciando quantità inadeguate ai paesi più poveri, molti dei quali sono stati tra i più colpiti al mondo. Per evitare il ripetersi di quello scenario, nell’aprile 2020 l’OMS ha annunciato la creazione di un meccanismo di allocazione globale, il COVID-19 Vaccine Global Access (COVAX) Facility, coordinato insieme a CEPI e Gavi. I paesi ad alto reddito e autofinanziati possono acquistare i vaccini da COVAX ad un prezzo medio stimato di 11 dollari per dose, mentre 92 paesi a basso e medio reddito possono riceverli a prezzi notevolmente inferiori.

Secondo il modello COVAX, tutti i paesi partecipanti riceverebbero inizialmente uno stock sufficiente per vaccinare il 20% della loro popolazione. Dopodiché di passerebbe all’acquisto dei vaccini attraverso l’OMS per l’assegnazione dei vaccini a livello internazionale in base al bisogno di ogni singolo paese.

La logica generale del COVAX si basa sui principi di uguaglianza globale. Dunque nessun paese dovrebbe vaccinare più del 20% della sua popolazione finché tutti i paesi non abbiano vaccinato la stessa percentuale.

Il problema è che molti paesi ad alto reddito hanno scelto di non acquistare i loro vaccini tramite COVAX e hanno cercato di ottenere un accesso prioritario a quantità abbondanti di vaccini Covid-19 stringendo accordi di acquisto anticipato con gli sviluppatori. Sulla base delle registrazioni pubbliche, i governi dei paesi ad alto reddito, che rappresentano il 16% della popolazione globale, hanno preordinato vaccini che coprono almeno tra i 2 e i 4 miliardi di dosi, assicurandosi così il 70% delle dosi disponibili nel 2021 sviluppate dalle cinque compagnie leader.

Tuttavia, non è chiaro quali vaccini saranno distribuiti a quali paesi e in quale momento, è difficile per i governi che dipendono dalla COVAX pianificare i programmi di vaccinazione. Allo stesso modo, l’incertezza sulla fornitura del COVAX complica le decisioni dei governi su come acquisire al miglior prezzo i vaccini per i loro cittadini.

Inoltre, data la scarsa disponibilità di alcuni dei vaccini sviluppati in Europa e negli Stati Uniti, i governi dell’America Latina, dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia si sono rivolti ai produttori cinesi, indiani e russi.

Un ulteriore problema riguardante la vaccinazione globale è l’opinione pubblica. Il Vietnam è il paese che ha avuto il miglior riscontro positivo. Infatti il 98% degli intervistati da The Lancet hanno detto che si sarebbero sicuramente o probabilmente vaccinati. Il paese che ha riportato il minor numero di persone che si sarebbero sicuramente o probabilmente vaccinate è stata la Serbia con il 38% della popolazione a favore.

Sono tre le motivazioni principali che portano i cittadini ad esitare sull’efficacia dei vaccini per il Covid-19. La prima riguarda i tempi brevi per lo sviluppo dei vaccini, che è diversamente proporzionale alla quantità di finanziamenti senza precedenti da parte di governi e gruppi non-profit. La seconda preoccupazione riguarda il concetto che è il primo vaccino basato sull’mRNA. La terza motivazione è causata dalle teorie di cospirazione sui vaccini Covid-19 che sono ampiamente diffuse sul internet.

Gli esperti di The Lancet credono che una buona strategia di successo per limitare il problema è l’implementazione di iniziative per aumentare la conoscenza e la consapevolezza della vaccinazione; il coinvolgimento della comunità, compreso il coinvolgimento di leader religiosi e altri leader influenti, per comprendere le preoccupazioni, costruire la fiducia e gestire le voci e la disinformazione; e rendere i vaccini disponibili in luoghi comodi e accessibili. La fiducia del pubblico nei vaccini Covid-19 e in coloro che li distribuiscono è importante quanto la sicurezza, l’efficacia e l’accessibilità economica dei vaccini. I politici dovrebbero impegnarsi urgentemente con le comunità per migliorare la fiducia nei vaccini e combattere la disinformazione e le voci intorno al Covid-19.

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Laureata in relazioni internazionali e politica globale al The American University of Rome nel 2018 con un master in Sistemi e tecnologie Elettroniche per la sicurezza la difesa e l'intelligence all'Università degli studi di roma "Tor Vergata". Appassionata di politica internazionale e tecnologia