Il premio
Vaccino Covid, a Karikó e Weissman il Nobel per la Medicina: quell’incontro alla fotocopiatrice che ha salvato milioni di vite
All’inizio, anche negli Usa, nessuno credeva al valore degli studi della dottoressa. Poi la collaborazione con l’esperto di immunologia presso l’Università della Pennsylvania e la rivoluzione mRNA. La Pandemia come primo, e vero, banco di prova

A Katalin Karikó e Drew Weissman è stato conferito il riconoscimento del Premio Nobel per la Medicina 2023 per le loro rivoluzionarie ricerche sulle modificazioni dell’RNA. Grazie ai loro risultati innovativi, si è aperta una nuova era nell’utilizzo degli mRNA come strumenti terapeutici, consentendo inizialmente la creazione di vaccini altamente efficaci contro il SARS-CoV-2 e il conseguente salvataggio di milioni di vite, con le potenzialità di questa tecnologia in grado di estendersi ben oltre, spaziando dalla terapia genica fino ai promettenti vaccini contro il cancro.
Giovanni Maga, direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-Dsb), ha sottolineato l’importanza di Katalin Karikó e la sua storia di dedizione alla ricerca scientifica. Karikó, originaria dell’Ungheria, cresciuta in estrema povertà, ha iniziato i suoi studi in patria, ma ha poi cercato opportunità migliori negli Stati Uniti a causa delle sfide finanziarie che affliggevano la ricerca nel suo Paese. All’inizio, anche negli Usa, nessuno credeva al valore dei suoi studi sull’Rna. Dopo essersi trasferita nel 1985, ha lavorato presso la Temple University di Filadelfia e successivamente all’Università della Pennsylvania, focalizzandosi sull’uso dell’RNA come agente terapeutico e sul miglioramento delle sue caratteristiche immunogeniche.
Maga sottolinea che la sfida principale era superare la risposta infiammatoria innescata dall’RNA esogeno, un ostacolo cruciale per l’applicazione terapeutica. Nel 1997, Karikó iniziò una fruttuosa collaborazione con Drew Weissman, un esperto di immunologia presso l’Università della Pennsylvania. Si incontrarono in fila alla fotocopiatrice, nel 1990. Il collega, che stava lavorando a un possibile vaccino contro l’Aids, le diede un’idea per rendere l’Rna più stabile, quindi utilizzabile per scopi di salute.
Attraverso tenacia e dedizione, hanno pubblicato un lavoro pionieristico nel 2005 che descriveva modifiche chimiche specifiche ai nucleosidi, i mattoni dell’RNA, in grado di evitare questa risposta immune. Scoprirono che un tipo di RNA cellulare, chiamato RNA transfer, non attivava la risposta immunitaria a causa di una base modificata chiamata pseudouridina. Applicando questa scoperta agli mRNA sintetici, dimostrarono la possibilità di introdurre tali mRNA nelle cellule per guidare la sintesi di proteine senza scatenare l’immunità innata. “Questi risultati rivoluzionari – conclude Maga – hanno aperto la strada all’uso degli mRNA come potenti agenti terapeutici”. All’innovazione è stata attribuita buona parte del merito per la velocità di messa a punto. La Pandemia è stata il vero banco di prova del loro metodo, già studiato negli anni ‘80. “Grazie a loro milioni di vite sono state salvate – secondo l’EMA 20 milioni – e il mondo è tornato a riaprirsi”.
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