Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara riaccende la polemica dopo le sue ultime dichiarazioni riguardo la percentuale di studenti all’interno delle classi in Italia “Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani, se studieranno in modo potenziato l’italiano laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti pure loro nell’apprendimento della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate. È in questa direzione che noi intendiamo muoverci”.

“L’inclusione può avvenire assimilando i nuovi arrivati sui valori fondamentali, quelli che sono racchiusi nella Costituzione e che appartengono alla identità di chi accoglie, oppure realizzando la società del melting pot dove ognuno pensa e fa ciò che vuole. La prima società ha un futuro ordinato e prospero, la seconda ha di fronte a sè la disgregazione e il caos”.

Caso Pisacane, 50% di stranieri: esempio di scuola d’integrazione

Quindici anni fa era conosciuta come la scuola con il 95% di alunni immigrati o figli di immigrati. Oggi il plesso Carlo Pisacane, dell’Istituto Comprensivo Simonetta Salacone, nel cuore del multietnico quartiere di Tor Pignattara a Roma, è noto come una vera e propria palestra d’integrazione, “un esempio virtuoso”: una scuola che ha fatto dell’unione delle diversità un punto di forza “tanto che ora le famiglie italiane fanno la fila per iscrivere i loro bambini”. Metà italiani e metà stranieri o figli di immigrati, è l’equilibrio raggiunto. Ma quel tetto del 20% di studenti immigrati per classe, invocato da Salvini e che forse il ministro Valditara non disdegna, qui continuerebbe a essere “inapplicabile”, come sottolinea la dirigente scolastica Rosanna Labalestra.

Le rigide percentuali obbligherebbe le famiglie a optare per un altro istituto o plesso

Una proposta, quella della quota di alunni immigrati, che obbligherebbe le famiglie a optare per un altro istituto o plesso. “Non posso mandare via gli alunni per mantenere una rigida percentuale. Hanno diritto a una scuola di prossimità ed è quello che anche la Costituzione e il ministero ci dicono di fare: accogliere”, dice la preside. Anche perché a Tor Pignattara, “dove vivono persone di diverse comunità”, ci sono famiglie con “disagio di tipo socio economico” che non possiedono un’auto “per andare più lontano”.

I bambini non italofoni – per la maggior parte con origini del Bangladesh – arrivano nella scuola a sudest della Capitale “in ogni momento dell’anno, da settembre a giugno” e l’Istituto Pisacane è sempre pronto a inserirli nelle proprie classi. “La scuola, che vive da vent’anni questa realtà, ha una cassetta degli attrezzi con competenze straordinarie, docenti formati e preparati”, ha evidenziato la dirigente. Un ruolo fondamentale è svolto anche dai mediatori, dagli insegnanti specializzati e dallo sportello psicologico. “La fase preadolescenziale è quella più difficile. Sono i ragazzini che hanno vissuto uno sradicamento più forte. Per questo ci facciamo aiutare da una dottoressa”, ha spiegato Labalestra.

Porte aperte dalle 7 del mattino alle 22 di sera

Al Pisacane, dove diverse sono le iniziative d’integrazione, le porte sono sempre aperte: dalle 7 di mattina alle 10 di sera, “per poter far vivere la socialità ai bambini” con attività legate allo studio e anche ludiche, come i corsi di musica. Nel fine settimana, all’interno degli stessi locali, viene ospitata una scuola cinese per i ragazzi di origine asiatica. Di recente, alle medie, è nato anche l’indirizzo “Cambridge”. Gli alunni del Bangladesh sono, infatti, “già a un livello B1 o B2 d’inglese rispetto a quello A degli italiani” ed è importante permettere loro di coltivare “le proprie competenze linguistiche e il proprio talento”.

La chiave è “fare della diversità una fonte di ricchezza”

Il Pisacane, ormai considerato “polo d’eccellenza”, ha quindi saputo trasformare le difficoltà in un potenziale, come raccontato da Labalestra: gli istituti che “si trovano ad avere questo tipo di complessità si attrezzano”. La dirigente è, infatti, sicura che anche altre scuole adottino un simile metodo d’integrazione: il plesso di Tor Pignattara “non è il solo”. La chiave, ha sottolineato, è “fare della diversità una fonte di ricchezza” ed è così che la scuola romana è passata dai pregiudizi dei primi anni del Duemila alla fila di italiani che vogliono iscrivere i propri figli alle classi di questo istituto, “anche dai quartieri limitrofi”. Riuscendo a invertire la rotta integrando e accogliendo.

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