Quale idea di scuola hanno i partiti in Italia? La domanda nasce da tre impulsi. Il primo è la festa di Alleanza Verdi Sinistra (Avs) a Roma, dove si sente dire: “siamo l’unico partito con un’idea diversa di scuola”. È proprio così? Il secondo impulso è l’editoriale di Claudio Velardi sul discorso americano di Giorgia Meloni, in cui il direttore sostanzialmente afferma: “non sono d’accordo con lei, ma almeno la premier chiarisce un’idea di società, chi le si oppone ne ha una?”. Terzo, anche se cronologicamente è il primo, l’intervista di chi scrive ad alcuni pedagogisti italiani che in sintesi dicono: “Oggi manca un’idea di scuola. Dopo quella gentiliana e quella funzionalista, verso quale prospettiva andiamo?”.

Appunto, dove andiamo? Che idea di scuola hanno i partiti, anzitutto sul piano valoriale e poi nelle più concrete declinazioni pratiche? Chi vive la scuola ne recepisce – tante volte “subisce” – le direttive, ma non ne conosce i principi. Partiamo con Forza Italia e la sua responsabile del dipartimento Istruzione, Valentina Aprea, una vita passata a battagliare su questi temi in Parlamento e in Regione Lombardia. Alla domanda, di per sé immensa, risponde con una parola altrettanto ampia: persona. “Per noi è al centro la persona, e ciò significa anzitutto personalizzazione dei percorsi educativi e valorizzazione del talento. Anzi – precisa subito – liberazione del talento, perché i talenti vanno liberati da ciò che li blocca, spesso proprio a scuola”.

Arriva poi l’attacco a una parola tanto, troppo in voga: meritocrazia. “Non siamo per una scuola della meritocrazia, siamo per una scuola della meritorietà”. In che senso? “La meritocrazia può sembrare giusta ma non è inclusiva; classifica le persone ma non spinge a cogliere il punto di eccellenza di ciascuno, l’elemento di valore e di originalità di ogni singola persona”. Insomma, la scuola deve occuparsi di tutti, non solo di chi è bravo e la vive con facilità. “Guardi, viviamo un dramma epocale, quello dell’invecchiamento della popolazione, il cosiddetto “degiovanimento”, per usare un’espressione del demografo Alessandro Rosina. Le sembra che possiamo permetterci di perdere i talenti e le eccellenze anche di uno solo dei nostri pochi giovani? Inoltre, se si somma la dispersione esplicita (mancato conseguimento del diploma), che pure resta alta (13,5%), con la dispersione implicita (studenti che pur ottenendo un diploma non possiedono competenze di base ad un livello accettabile) si raggiunge a 19 anni la percentuale di quasi il 26% di giovani non preparati ad affrontare esperienze professionali reali”.

E allora? “E allora non ci può più essere una scuola di promossi e bocciati, dobbiamo concepire una scuola in cui tutti siano promossi, e cioè in cui ciascun ragazzo riesca a trovare la propria realizzazione. Per questo la direzione obbligata è quella della flessibilità. Abbiamo bisogno di competenze avanzate, percorsi flessibili con possibilità di specializzazioni continue, che non si fermino alle superiori e alla laurea, ma siano inseriti, in un’ottica di educazione permanente, in filiere formative tecnologico-professionali aperte all’innovazione continua. Solo in questo modo ogni giovane potrà scegliere l’ambito professionale che, a suo avviso, è più ricco di stimoli che lo compiono al meglio. Tutto questo, del resto, è in perfetta consonanza con ciò che ha espresso Mario Draghi nel suo recente rapporto europeo, quando ha affermato che in Europa sono ancora troppi i bambini o i giovani che non ricevono un’istruzione adeguata, lasciando una grande quantità di talento non sfruttato. Anche in questo senso gli ITS Academy (Istituti Tecnologici ad Alta Specializzata Professionalizzante non Accademica), da noi fortemente voluti, rappresentano un traguardo importante, perché per la prima volta la formazione non è solo di proprietà scolastica, ma le politiche dell’istruzione si connettono con quelle del mondo produttivo e della ricerca”.

A proposito, cosa diciamo della sperimentazione 4+2 (percorsi quadriennali alla secondaria di secondo grado + Its)? “Diciamo tutto il bene possibile. I cicli scolastici devono essere ora più brevi perché al nostro tempo la formazione continua per tutta la vita lavorativa e non ha più senso mantenere cicli quinquennali per accedere alla formazione terziaria”. Libertà è anche libertà di scelta. Forza Italia si batte da sempre su questi temi. “Dobbiamo tendere a un sistema integrato sempre più equilibrato tra scuole paritarie e pubbliche. In Lombardia, per esempio, è stato realizzato il modello del buono scuola (un voucher dato alle famiglie) che sarebbe bene esportare”. Divieto all’uso didattico dello smartphone, voto in condotta, giudizio sintetico alle elementari? La scuola della libertà che Lei descrive sembra distante dal pugno duro dei provvedimenti più mediatici di Valditara. “Sono provvedimenti di buonsenso. Del resto si vieta il cellulare in classe, ma al contempo si avvia una seria formazione sulle competenze digitali. Certo, le scuole non devono essere caserme ma i regolamenti vanno rispettati. Va da sé che l’attività educativa stimolante, che è il vero obiettivo, non ha bisogno del pugno duro…”. Ius Scholae, Ius Italiae, ne è convinta? “Convintissima. Questi ragazzi non solo parlano l’italiano, ma anche i nostri dialetti. Diventano italiani studiando”.