Valutazioni dei magistrati, gli effetti nefasti del governo Meloni sulla riforma Cartabia

“Occorre chiedersi come sia possibile che nella magistratura tutti o quasi ricevano sempre valutazioni più che positive, con minime sfumature differenziali”. Anche il Sole24 Ore, il quotidiano economico più importante del Paese, ha dunque ‘scoperto’ questa singolare circostanza che attiene alle toghe italiane. “È palese che l’eguaglianza valutativa si traduce in una uguaglianza di ineguali e, alla fine, in un appiattimento che mina l’autorevolezza della magistratura tutta, la cui credibilità, non a caso, è in costanza calo (come emerge da tutti i sondaggi)”, prosegue il Sole 24 Ore che ieri ha voluto dedicare la pagina dei commenti al tema delle valutazioni di professionalità dei magistrati.

“Perpetuando la farsa della valutazioni uniformi si assiste ormai da anni e ormai in modo immutabile a un declino qualitativo che, però, non sembra essere considerato un problema sistemico su cui si dovrebbe intervenire in modo strutturale”, aggiunge il quotidiano di Confindustria auspicando quindi “un indispensabile un sostanziale cambio di passo nelle modalità valutative e nelle conseguenti progressioni di carriera”.
Il tema delle valutazioni di professionalità dei magistrati, positive al 99,8 percento dei casi, è stato affrontato più volte da questo giornale che aveva positivamente accolto nei mesi scorsi la parte della riforma Cartabia che introduceva il fascicolo delle performance del magistrato.
Voluto da Enrico Costa, deputato e responsabile giustizia di Azione, il fascicolo delle performance doveva servire, nelle intenzioni, a monitorare le attività dei singoli giudici o pm, i loro meriti, ma anche gli errori, con particolare attenzione alle inchieste poi finite in un buco nell’acqua, alle sentenze ribaltate e, soprattutto, agli arresti ingiusti.

Gli effetti nefasti del governo Meloni sulla riforma Cartabia

Essendo una fotografia molto precisa della carriera di ciascun magistrato, il fascicolo delle performance avrebbe così consentito, come disse Costa, “a chi è più bravo e a chi lavora silenziosamente senza essere organico alle correnti, di poter fare la carriera che merita”. Essendo la riforma Cartabia una legge delega, una volta approvata il governo doveva poi emanare i relativi decreti attuativi. Insediatosi il governo Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva allora nominato una Commissione per questi adempimenti. Essendo però stata infarcita di magistrati, gli effetti, quando si è trattato di stabilire cosa fosse “la grave anomalia”, sono stati nefasti.

La disposizione partorita dalla Commissione è infatti molto blanda in quanto prevede che costituiranno indice di grave anomalia il rigetto delle richieste o la riforma e l’annullamento delle decisioni del magistrato, “ove assumano, anche in rapporto agli esiti delle decisioni e delle richieste adottate dai magistrati appartenenti al medesimo ufficio, carattere di marcata preponderanza e di frequenza rispetto al complesso degli affari definiti dal magistrato”, ancorando così il concetto di “grave anomalia” ad un dato sostanzialmente statistico-comparativo. “La responsabilità civile è di fatto impossibile, un percorso che nessun si avvocato si azzarda a proporre al suo assistito”, aveva affermato Costa, ricordando che dal 2010 ad oggi ci sono state solo otto condanne. “Stesso discorso – aggiunse – per la responsabilità disciplinare: ogni anno della circa 1500 segnalazioni che pervengono, oltre il 90 percento sono archiviate de plano dal procuratore generale della Cassazione, titolare dell’azione disciplinare, senza che nessuno possa fare alcuna verifica.

Sono archiviazioni che non hanno alcun vaglio. L’unico che può chiedere le copie di tali provvedimenti è il ministro della Giustizia ma non lo fa mai”. Rimaneva, quindi, la responsabilità professionale, legata proprio alla carriera dei magistrati le cui valutazioni sono positive nella quasi totalità dei casi senza un meccanismo che ne raccolga le “gravi anomalie”. “La grave anomalia, per il sottoscritto anche una sola inchiesta con arresti e sbandierata ai quattro venti e terminata con l’assoluzione di tutti gli imputati, nei decreti attuativi è diventata “marcata preponderanza” e quindi il magistrato dovrà sbagliare centinaia di inchieste o processi, oltre la metà dei suoi provvedimenti, prima di incappare in una penalizzazione sotto il profilo professionale”, ha puntualizzato Costa.

Le performance dei magistrati

Il fascicolo delle performance era stato fin dall’inizio boicottato dall’Associazione nazionale magistrati che lo scorso anno fece anche uno sciopero per esprimere la sua contrarietà. “Le correnti dimostrarono chiaramente con tale iniziativa come temessero di perdere il controllo che detengono grazie a quel 99 percento di valutazioni di professionalità ‘automaticamente’ positive. Con il fascicolo tutta l’attività del magistrato sarebbe stata sotto gli occhi di chi deve fare la valutazione, non come oggi che gli atti vengono scelti a campione: così è più semplice distinguere chi lavora bene e chi lavora meno bene, premiando chi lo merita, anche se non è organico alle correnti”, ha aggiunto Costa. I decreti attuativi, comunque, dovevano essere pronti entro il 21 giugno scorso. Tale scadenza è stata successivamente spostata al prossimo mese con un emendamento al decreto Pnrr. Ma, visto l’andazzo, molto difficilmente il governo vorrà andare allo scontro con i magistrati e tornare sui propri passi, introducendo un sistema di valutazione di professionalità degno di questo nome.