«Leggendo un testo letterario, siamo messi in condizione di “vedere attraverso gli occhi degli altri”, acquisendo un’ampiezza di prospettiva che allarga la nostra umanità. Si attiva così in noi il potere empatico dell’immaginazione, che è veicolo fondamentale per quella capacità di identificazione con il punto di vista, la condizione, il sentire altrui, senza la quale non si dà solidarietà, condivisione, compassione, misericordia». Nella sua splendida riflessione sulla letteratura – potremmo dire: sull’urgenza della letteratura – papa Francesco tra i tantissimi spunti di riflessione ha inserito questo, bellissimo. Cioè che la letteratura ci pone in empatia con altri mondi, altre vite, altre resistenze, facendoci uscire dalla nostra condizione di isolamento, egoismo, rassegnazione.

«Vedere attraverso gli occhi degli altri» è una citazione di C.S. Lewis, all’anagrafe Clive Staples Lewis, scrittore, saggista e teologo britannico, autore di fantasy, ma c’è in queste parole qualche eco di Marcel Proust, non a caso citato nello stesso scritto bergogliano. Proust, scrittore certo non cattolici ma di cui i più sensibili lettori cattolici hanno indovinato una “fede”, come notò a suo tempo padre Antonio Spadaro. Bergoglio cita Proust in questo senso: «Per quanto riguarda i contenuti, si deve riconoscere che la letteratura è come “un telescopio” –secondo la celebre immagine coniata da Proust (nell’ultima parte della Recherche-ndr) – puntato su esseri e cose, indispensabile per mettere a fuoco “la grande distanza” che il quotidiano scava tra la nostra percezione e l’insieme dell’esperienza umana».

Ecco dunque una funzione, se così possiamo dire, “utile” della lettura dei romanzi e della poesia: avvicinare il mondo verso noi, cioè comprendere (che nell’accezione cristiana è verbo decisivo). Bergoglio poi non poteva non citare l’amatissimo suo conterraneo: «Mi viene in mente ciò che il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges diceva ai suoi studenti: la cosa più importante è leggere, entrare in contatto diretto con la letteratura, immergersi nel testo vivo che ci sta davanti, più che fissarsi sulle idee e i commenti critici. E Borges spiegava questa idea ai suoi studenti dicendo loro che forse all’inizio avrebbero capito poco di ciò che stavano leggendo, ma che in ogni caso essi avrebbero ascoltato “la voce di qualcuno”. Ecco una definizione di letteratura che mi piace molto: ascoltare la voce di qualcuno».

Si tratta di uno sforzo di comprensione che deve controbilanciare la velocità «e la semplificazione del nostro vivere quotidiano imparando a prendere le distanze da ciò che è immediato, a rallentare, a contemplare e ad ascoltare». Il che va fatto con una certa grazia: citando il grande poeta Eliot, il Pontefice cita una bellissima frase: «Per questo, al mio ritorno dal Viaggio Apostolico in Giappone, quando mi hanno chiesto che cosa ha da imparare l’Occidente dall’Oriente, ho risposto: “Credo che all’Occidente manchi un po’ di poesia”». Forse è per questo omaggio alla poesia che il Pontefice chiude il suo scritto ricordando le parole del grande poeta francese Paul Celan: «Chi impara realmente a vedere, si avvicina all’invisibile».