I progetti della Fondazione
Velocità, alcol, droghe e cinture: come risolvere il dramma incidenti stradali
Velocità eccessiva, distrazione al volante (soprattutto per colpa dell’uso del telefonino), alcol e uso di sostanze stupefacenti, mancato uso corretto delle cinture di sicurezza: sono le quattro cause principali degli incidenti stradali che quest’anno sono aumentati di circa il 25% rispetto al 2021. Gli incidenti stradali rappresentano un problema di assoluta priorità per l’alto numero di morti e di invalidità permanenti e temporanee che causano.
Agli enormi costi sociali e umani, si aggiungono quindi anche elevati costi economici, che rendono la questione della sicurezza stradale un argomento di enorme importanza. Secondo l’Istat, nel 2019 (ultimo anno in cui la mobilità non è stata influenzata dalle conseguenze della pandemia Covid-19) gli incidenti stradali in Italia con lesioni alle persone sono stati 172.183, in lieve calo rispetto all’anno precedente (-0,2%), mentre i feriti sono stati 241.384 (-0,6%) e le morti 3.173 (-4,8%). È come se ogni giorno sulle nostre strade ci fossero stati 472 incidenti con lesioni alle persone, 661 feriti e 9 morti.
Tra le vittime risultavano in aumento i ciclisti (253; +15,5%); sostanzialmente stabili gli automobilisti (1.411; -0,8%) e i motociclisti (698; +1,6%); in diminuzione i pedoni (534; -12,7%), ciclomotoristi (88; -18,5%) e occupanti di veicoli per il trasporto merci (137; -27,5%). Il costo sociale degli incidenti stradali in Italia nel 2019 è stato stimabile in 16,9 miliardi di euro, pari all’1% del Pil nazionale. La grande maggioranza degli incidenti gravi e di quelli mortali sono dovuti a una serie di comportamenti scorretti, principalmente eccesso di velocità, guida distratta e pericolosa, mancato rispetto della precedenza o della distanza di sicurezza, assunzione di alcol e sostanze stupefacenti. Per non assuefarsi al bollettino di guerra (2835 morti in un anno vuol dire 8 morti al giorno) occorre affrontare i problemi della sicurezza stradale combinando educazione e controlli. Con tutto il supporto possibile offerto dalla tecnologia, per l’una e per gli altri.
Se l’alcol blocca il motore
Una importante novità arriva dalla tecnologia: l’alcol interlock. La guida in stato di ebbrezza è un pericolo assoluto per tutti, per chi conduce il mezzo, per chi è trasportato, e per chi ha la malaugurata avventura di incrociarsi con un’auto guidata da un bevitore. In molti Paesi europei il problema è stato affrontato in modo risoluto, partendo da un basso tasso di alcolemia ammesso al volante, reso effettivo da controlli molto severi. E l’alcol interlock per i conducenti recidivi è già prassi. Per diventarlo ha bisogno di una legislazione nazionale, in quanto l’Unione europea non ha mandato per imporlo.
Il sistema di blocco del motore (mancata accensione) collegato all’esecuzione di un alcol test del guidatore in Svezia, Finlandia, Francia, Belgio, Estonia “è una realtà, la cui installazione è per ora circoscritta a due casi – spiega Antonio Avenoso, Executive Director del Consiglio europeo della sicurezza stradale (Etsc, European Transport Safety Council) – come pena alternativa ai guidatori recidivi nella guida in stato di ebbrezza, o trovati con alti livelli di alcol nel sangue, e come misura volontaria per i guidatori di mezzi pubblici e di mezzi pesanti”. Da anni, anche il settore assicurativo è impegnato in questa battaglia di civiltà e di responsabilità. La Fondazione Ania è nata nel 2004 per volontà dell’associazione delle compagnie di assicurazione con lo scopo di ridurre il numero e la gravità degli incidenti stradali in Italia (non per caso, il nome in origine era “Fondazione Ania per la Sicurezza Stradale”). In quasi vent’anni di attività ha agito dialogando con il settore pubblico con la sottoscrizione di protocolli di intesa con amministrazioni centrali e periferiche. E con le realtà internazionali come Etsc.
Ricominciare dalla scuola
Con la consapevolezza che c’è un gap – tra Italia ed Europa – da colmare. In Italia l’introduzione dell’alcol interlock potrebbe creare qualche reazione critica. Un obbligo inaccettabile. “Nei Paesi in cui l’alcol interlock è stato introdotto è stato visto come una alternativa preferibile al ritiro della patente”, avverte Avenoso. E aggiunge: “installare il sistema di blocco del motore con il test alcolemico evita al guidatore di perdere il lavoro, e gli consente di mantenere relazioni familiari. Guidare l’auto è un fattore di socializzazione difficilmente rinunciabile. Meglio l’alcol interlock che non poter guidare”. È certo che non ci sono soluzioni che possano essere la panacea. Nulla che possa prescindere dall’educazione.
Nel corso degli anni la Fondazione Ania ha scommesso molto sul cambiamento del “clima culturale” che deve accompagnare l’obiettivo della sicurezza stradale. A partire dalle scuole. Ai tour organizzati negli istituti scolastici per incontrare i neopatentati (oltre 150mila studenti incontrati in dieci anni) negli ultimi due anni si sono sostituiti – in tempo di pandemia – un nutrito numero di webinar condotti dagli esperti della Fondazione Ania tramite la piattaforma web del Ministero dell’Istruzione. Corsi di guida sicura per i maggiorenni con patente, il programma patentino online per i giovani che guidano motocicli, fino al programma “mobilità dolce e sostenibile” per i ragazzi che usano monopattini e biciclette (veicoli non esclusi dall’orizzonte della sicurezza stradale) sono solo alcune delle iniziative volte a scommettere sul ruolo dell’educazione per contrastare i problemi della sicurezza stradale.
Controlli: adotta una strada
Ma anche l’educazione, da sola, può non bastare. Servono i controlli. Negli anni sono stati siglati Protocolli d’Intesa e realizzati progetti con i Ministeri dell’Interno, delle Infrastrutture e Trasporti, ma anche con le forze dell’ordine. Già più di dieci anni fa, nel 2011, infatti, la Fondazione Ania ha firmato un protocollo di intesa interforze che ha consentito di sviluppare numerose attività dedicate alla riduzione del numero e della gravità degli incidenti stradali sulle strade italiane, nonché alla diffusione di una nuova cultura del rispetto delle regole della strada.
Prima della pandemia, che ha ridotto molte iniziative pubbliche, era stato avviato il progetto “Adotta una strada” (d’intesa tra Fondazione Ania e Carabinieri), con lo scopo di ridurre numero e gravità degli incidenti stradali sulle statali e provinciali che, a livello statistico, fanno registrare il maggior numero di incidenti (la scelta viene fatta sulla base del rapporto Aci-Istat, localizzazione degli incidenti stradali). Tra le strade coinvolte nell’iniziativa, si possono elencare – tra le altre – l’Aurelia, la Silana-Crotonese, Adriatica, via Emilia, statale dello Stelvio, Pontina, statale dell’Abetone e del Brennero, Palermo-Agrigento. Prima dello stop imposto dal Covid erano stati distribuiti 250 mila etilometri e oltre 100 mila opuscoli dopo aver controllato più di 150 mila veicoli.
Chi beve non guida
In collaborazione con la Polizia stradale invece è stata avviata la campagna “Chi beve non guida, chi guida non beve”, nata e studiata per sensibilizzare i giovani sui rischi della guida sotto l’effetto di alcol o di sostanze stupefacenti. L’assunzione di bevande alcoliche, infatti, è il fattore più rilevante nel caso di incidenti stradali gravi o mortali; il rischio di incidenti aumenta, in modo esponenziale, quando la concentrazione di alcol nel sangue raggiunge i 50 mg/100 ml.
Inoltre, a parità di alcol ingerito, il rischio aumenta al diminuire dell’età del conducente e quanto minore è la frequenza di consumo abituale di sostanze alcoliche. L’obiettivo della campagna della Fondazione Ania era quello di diffondere la figura del “guidatore designato” del gruppo che, durante le serate in discoteca, sceglie di non bere per riportare sé stesso e i suoi amici a casa in sicurezza. Nel corso delle varie edizioni sono stati distribuiti 500 mila etilometri e 250 mila opuscoli. Sono stati controllati oltre 70 mila conducenti, contestando circa 6500 infrazioni.
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