Antonio Russo moriva esattamente vent’anni fa. Era il 16 ottobre del 2000 quando il giornalista di Radio Radicale venne assassinato e il suo cadavere rinvenuto a circa trenta chilometri da Tbilisi, in Georgia. Antonio era lì per raccontare la guerra fra Russia e Cecenia. I mandanti e gli esecutori dell’omicidio non sono mai stati individuati. Radio Radicale ha voluto ricordarlo con una programmazione speciale e alle 14 di oggi, presso la sala stampa di Montecitorio, verrà presentata l’importante opera di restauro dell’archivio della radio, realizzato proprio in occasione dell’anniversario.

«Restaurare l’intero archivio con tutte le corrispondenze di Antonio (disponibile in digitale da oggi, ndr) – spiega Alessio Falconio, direttore di Radio Radicale – permetterà, a chi ne avrà voglia, di conoscerlo attraverso la sua voce. Il miglior modo per conoscere qualcuno è lasciarlo parlare, ecco noi attraverso questo progetto vogliamo lasciare che Antonio si racconti». Ha perso la vita sul campo, in mezzo alla gente, là dove la tragedia della guerra è viva. Era stato in Bosnia, durante l’assedio finale di Sarajevo, poi era stato a Cipro nel 1996 e ancora in Africa per documentare le condizioni tragiche dei profughi dopo il genocidio in Ruanda. Verso la fine degli anni Novanta raccontò poi la guerra in Kosovo. Il suo lavoro si rivelò fondamentale e decisivo anche per l’incriminazione di Milosevic e di altri gerarchi serbi di fronte al Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia.

Non a caso Marco Pannella lo definì “radicale giornalista” proprio per la passione che metteva nel suo lavoro, senza mai risparmiarsi. Costantemente dalla parte della verità, ma soprattutto dalla parte degli ultimi. Pochi giorni prima dell’attentato Antonio aveva dichiarato pubblicamente che la Cecenia avrebbe fatto uso di proiettili all’uranio impoverito, accusando direttamente il presidente Georgiano Shevarnadze di legami con il terrorismo. Antonio aveva inoltre comunicato a Olivier Dupuis, allora segretario del Partito Radicale, di avere raccolto materiale contro la Federazione Russa, ma quei documenti, trafugati da casa sua la notte del suo omicidio, non sono mai più stati rinvenuti. Antonio non c’è più, ma continua a vivere nelle sue corrispondenze dai teatri di guerra di tutto il mondo, con quel suo stile semplice e diretto. Senza mai autocompiacersi, senza mai un filo di narcisismo.