La gestione del verde
Verde pubblico, 18 milioni contro il degrado. Ora il Comune di Napoli non ha più scuse
Definiamolo serenamente “il verde dei sogni”. Alberi rigogliosi, giardini in fiore e fioriere sparse in ogni angolo di strada a strapparci sorrisi e gioia con le loro piantine. Passeggiando per via Orazio, anche il professore Paolo Caputo, il direttore del Reale Orto Botanico, ha allargato le braccia di fronte alla realtà: sui marciapiedi numerosi tronchetti di alberi abbattuti perché malati e circondati da folti cespugli di piante spontanee. Stessa storia a Fuorigrotta con aiuole vuote per l’abbattimento di palme malate; va male anche un po’ più avanti, in viale Kennedy, dove i marciapiedi sono occupati dai tronchi di alberi che con i cespugli che li circondano bloccano i pochi pedoni. Estate nera, nerissima per il verde in città, ma possiamo augurarci un futuro migliore.
Il professore Paolo Caputo, ordinario di Botanica sistematica è ottimista. «A Napoli la situazione del verde potrebbe migliorare molto perché la manutenzione ordinaria crea problemi per molte ragioni: per secoli gli alberi sono stati intesi come arredo urbano che non aveva bisogno di nulla. Non è vero, perché se una panchina si danneggia o perde colore per vecchiaia si interviene; gli alberi, invece, non vengono mantenuti o mantenuti poco e spesso i fondi destinati al verde vengono destinati ad altro». Colpa del sindaco, della giunta, dei tecnici che mancano al pari del materiale da giardinaggio e dell’innaffiamento manuale. Ma non è una storia di oggi perché bisogna andare indietro di anni e anni. Nel futuro prossimo i finanziamenti garantiti dalla Città Metropolitana – ad oggi però non è partita nessuna gara – prevedono cinque milioni e 300mila euro per la piantumazione di centinaia di alberi in sostituzione di quelli abbattuti o ancora da abbattere e altri 13 milioni per lavori edili e a verde nei parchi cittadini. «Molti non lo sanno, ma Napoli ha una quantità enorme di verde per abitante. Basta pensare che il grande parco di Capodimonte, come i Camaldoli, è nel Comune di Napoli. Molti tratti a verde sono però mal serviti dai mezzi pubblici e poco accessibili dai cittadini. Ma parliamo di una media per abitante – spiega il professore Caputo – più che ragionevole. Se invece ci interessiamo di alberature stradali, la situazione è peggiore».
Diciotto milioni da spendere per il verde di Napoli. Fuorigrotta piange centinaia di palme, il parco della Rimembranza, via Boccaccio e via Orazio sono stravolti dall’abbattimento di centinaia di alberi secolari. Il professore Caputo, da tecnico, cosa farebbe? «Nulla da solo. La piantumazione di nuovi alberi richiede un progetto organico sul verde che deve coinvolgere gli esperti in agronomia, i paesaggisti, i tecnici della Soprintendenza, i politici e i giuristi perché le istituzioni devono accantonare i soldi delle manutenzioni ordinarie. Si deve considerare il paesaggio, prima di scegliere alberi da piantare e da potare. La migliore potatura è quella che non si vede. In città, invece, abbiamo assistito ad alberi abbattuti con brutalità». Pensiamo al futuro e dimentichiamo il passato. «I pini abbattuti erano malati come altri che dovranno essere soppressi.
Napoli aveva migliaia di palme tramortite dal punteruolo rosso, noi nell’Orto Botanico – conclude Caputo – avevamo cento palme: ora sono 98 perché le curiamo. L’intervento su ogni albero è molto costoso e, probabilmente, il Comune non poteva permetterselo. Sui marciapiedi andrebbero bene alberi di taglia medio piccola, in spazi ristretti i boschetti urbani, nei giardini storici gli interventi devono essere soprattutto conservativi. Il verde non può essere trascurato, richiede amore, tempo, strumenti e denaro. Per evitare errori e sprechi lavoriamo su un ampio progetto organico». In questa prospettiva, il Riformista ha raccolto le proposte di quattro persone in prima linea per la difesa del verde.
“Subito l’ok al regolamento per la tutela del verde”
Federica Russillo (presidente dell’Aps Agritettura 2.0)
«Bisogna promuovere lo sviluppo di servizi e modelli innovativi di governance collaborativa – tra soggetti pubblici, privati, del terzo settore e cittadini – orientati al miglioramento della qualità della vita in ambito urbano. Gli spazi verdi pubblici rappresentano il bene comune per eccellenza, dal punto di vista ambientale, ricreativo, didattico, sociale e produttivo. Numerose sono le pratiche “dal basso” e i progetti di innovazione sociale che suggeriscono soluzioni sostenibili per migliorare la qualità e la fruibilità del verde pubblico, stimolando la circolazione di competenze ed esperienze in una logica di rete integrata e puntando alla formazione e al coinvolgimento dei giovani. Tra i tanti, la recente elaborazione di una proposta di regolamento del verde di Napoli, frutto di un lungo percorso condiviso su base volontaria e in maniera totalmente gratuita da numerosi soggetti – tecnici, associazioni, ordini professionali – riuniti un anno e mezzo fa nel Tavolo del Verde promosso dall’amministrazione. La bozza di regolamento è stata consegnata nel novembre 2019, nella speranza che Napoli possa dotarsi dello strumento che, assieme al piano del verde (pure da redigere), costituisce il quadro di riferimento necessario per una corretta gestione del verde pubblico».
“Se l’amministrazione non investe, diamo le aiuole ai privati”
Sergio Maione (albergatore)
«La riqualificazione e la valorizzazione del verde, oltre che l’attenzione all’arredo urbano, sono elementi fondamentali per disegnare l’immagine della nosta città agli occhi dei turisti. Negli ultimi anni il Comune ha fatto molto poco per il verde e per il decoro degli spazi pubblici, invece dovrebbe iniziare a investire. Perchè il turismo è fondamentale per una città come la nostra e, chiaramente, si fonda sulla foto del paesaggio urbano. Di fronte al nostro hotel, in via Partenope, praticamente non ci sono spazi verdi. ma tante strutture ricettive ne dispongono e andrebbero recuperati e tenuti in ordine. La soluzione? Uno strumento efficace, messo già in atto dalla nostra amministrazione, è l’adozione del verde. Affidare ai privati delle aiutole, è la soluzione ideale. Io stesso ho adottato due aiuole in viale Giochi del Mediterraneo e me ne prendo cura. In questo modo, dove il Comune non arriva possono arrivare i privati. Così si riuscirebbe a tenere in ordine gran parte della città e a restituirle un’immagine gradevole e attraente. Devo ammettere che la nostra buocrazia ha delle falle enormi e spesso si rivela disastrosa, ma l’iter per affidare a terzi gli spazi verdi non si è rivelato poi così farraginoso. Il Comune, in ogni caso, dovrebbe vigilare più attentamente sul comportamento dei privati e, soprattutto, dovrebbe iniziare a stanziare fondi per gli investimenti nel verde».
“Ora un censimento della vegetazione”
Maria Luisa Margiotta (paesaggista)
«Al punto estremo in cui siamo, non esistono ricette magiche, ma un durissimo lavoro interdisciplinare in salita. Bisogna partire dalla conoscenza del nostro patrimonio e dalla valutazione qualitativa di ogni singolo elemento. Serve, quindi, un censimento preciso dei giardini pubblici e della vegetazione arborea. E occorre riconoscere il valore dei giardini pubblici e di quelli storici. Per intervenire bisogna, innanzitutto, conoscere ciò che si possiede. Il Comune deve stilare una programmazione degli interventi e della manutenzione che deve partire dalla ricerca di sponsor e fondi da investire nella riqualificazione delle zone verdi. Purtoppo tante opere di valorizzazione sono state vanificate dalla mancanza di manutenzione ordinaria, ma anche l’aspetto delle pulizie è fondamentale. Spesso, infatti, l’azienda che dovrebbe provvedere a tenere puliti gli spazi non lo fa e ciò provoca una reazione a catena che uccide il verde. Per fortuna ci sono i volontari che si prendono cura del verde. Il volontariato è prezioso, ma va governato con competenza e non può sostituirsi all’intervento pubblico. Il Comune dovrebbe collaborare con le associazioni e dotarle di tecnici, agronomi e architetti paesaggisti nell’ottica di una seria programmazione».
“Coinvolgiamo le imprese: il metodo Caserta funziona”
Antonio Maisto (imprenditore)
«La mia ditta si è occupata del ripristino del verde di piazza Carlo III, a Caserta. La riqualificazione del verde antistante la Reggia è stata possibile grazie all’intervento degli imprenditori che si sono uniti sotto l’unica voce di Confindustria Caserta. Il modello piazza Carlo III è replicabile in altre zone della città. Anzi, noi lo riproducendo a Roma e a Milano, ma è fondamentale l’intervento delle imprese legate al territorio. Il Comune di Napoli non ha fondi e, di conseguenza, è indispensabile l’intervento degli sponsor e dei privati che hanno il desiderio di fare qualcosa di concreto per il luogo nel quale vivono. La volontà di tanti cittadini di impegnarsi per il recupero e la valorizzazione del nostro verde si scontra spesso con la burocrazia che caratterizza la nostra amministrazione: i tempi le procedure per arrivare a ottenere i permessi indispensabili per intervenire sul verde sono troppo lunghi e complessi. Bisogna semplificare l’iter burocratico e accorciare i tempi di autorizzazione e intervento. L’impegno dei privati, però, non basta. Il Comune deve badare alla manutenzione ordinaria dei giardini perché questo manca. L’esempio concreto è piazza Carlo III che, a un anno dal nostro intervento, ora versa in condizioni critiche. Toccherà a noi occuparcene».
Testi raccolti da Francesca Sabella
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