In Campania sono circa 200mila le aziende e i negozi temporaneamente chiusi a causa della pandemia da Covid-19 e in attesa di conoscere tempi e modi per passare alla cosiddetta fase 2, quella della ripresa. Ok, sarà graduale. Ok, bisognerà rispettare il distanziamento sociale e tutte le altre misure di contenimento del contagio che saranno indicate come necessarie. Ok, ci vorrà tempo. Ma quanto tempo? È questa la domanda dalla cui risposta dipenderanno le sorti di migliaia di aziende, e migliaia di famiglie. Come ripartire? L’idea è quella di fare tesoro dell’esperienza di quelle attività che fornendo servizi essenziali non si sono mai fermate, nemmeno durante le settimane più critiche dell’emergenza sanitaria.
“Queste attività – spiega Pasquale Russo, direttore generale di Confcommercio Campania – hanno dimostrato che con il distanziamento sociale e l’adozione di dispositivi di protezione individuale il rischio di contagio si può azzerare o comunque ridurre”. L’idea è di ripartire con nuovi modelli di organizzazione delle attività e la speranza è di farlo il prima possibile. “La task force voluta dal Governo sta lavorando a come avviare la fase 2 ma devo dire con un certo ritardo – aggiunge Russo – In Spagna, dove la situazione sanitaria non è stata certo migliore di quella italiana, si sta già avviando la ripresa e anche in Francia si è sul punto di ripartire”. L’obiettivo sarà coniugare l’esigenza di evitare picchi di nuovi contagi con l’esigenza di rimettere in moto l’economia.
“È impensabile immaginare di riprendere a lavorare e vivere come prima, bisognerà ripensare a nuovi modelli e nuove abitudini. Il distanziamento sociale comprende tante misure, non solo quella più evidente della distanza tra una persona e un’altra”. Russo pensa all’economia campana, alle tante aziende e attività commerciali basate sul turismo e sull’apertura al pubblico. La ripresa sarà più lenta per cinema, teatri, stadi e tutti quelle attività che hanno nel loro dna la presenza di pubblico e persone in gran numero. Ma la fase 2 può essere più vicina per tutte le altre attività, dalla ristorazione alle pasticcerie che potrebbero ripartire con le consegne a domicilio, alle aziende e ai negozi che potrebbero gestire in modo diverso e più scadenzato l’afflusso di clienti.
“Mi piace citare Marco Revelli – racconta Enrica Morlicchio, professoressa di Sociologia dei processi economici e del lavoro presso l’Università di Napoli Federico II – Tutti dicono che niente sarà più come prima ma si dovrebbe dire: niente deve essere come prima”. La pandemia da Covid-19 impone rivalutazioni e riorganizzazioni su più piani, nella vita come nell’economia dei Paesi. “È una situazione inedita – aggiunge Morlicchio – che non si era mai verificata prima e ha dell’eccezionale perché investe tutto il mondo senza che ci sia Paese che ne sia fuori”. Le analisi sugli effetti della crisi stimano un calo del pil del 10 per cento. Per l’Italia, che già usciva a fatica e con un tasso di crescita prossimo allo zero dalla crisi del 2008, è un colpo fortissimo. Lo spettro della povertà aleggia più forte di prima. “Bisognerà rivedere le misure di sostegno al reddito”, spiega la docente. Come? “Ci possono essere due soluzioni – spiega – Una potrebbe prevedere misure meno stringenti per accedere al reddito di cittadinanza. Un’altra soluzione potrebbe riguardare il Rem, il reddito di emergenza pensato in questa fase di crisi per lavoratori precari e stagionali: si potrebbe in futuro pensare di farlo confluire nel reddito di cittadinanza”.
ETTORE CUCARI – Fiavet Campania-Basilicata
Le conseguenze del distanziamento sociale? Saranno catastrofiche. Ne è convinto Ettore Cucari, presidente dell’associazione che riunisce gli agenti di viaggio di Campania e Basilicata. “Per fare turismo servono mezzi di trasporto – spiega il numero uno della Fiavet regionale – per i quali la legge fisserà norme restrittive per molti mesi. Per raggiungere le località di vacanza, quindi, bisognerà sopportare prezzi più alti e maggiori limitazioni”. Tutto ciò, tradotto in numeri, comporterà una contrazione del volume di affari delle agenzie pari ad almeno il 50 per cento rispetto al periodo pre-pandemia. “Anche perché – aggiunge Cucari – il turismo non potrà ripartire subito: il settore ha bisogno di un tempo minimo durante il quale la gente possa ritrovare serenità e tornare a viaggiare”. Non appena saranno nuovamente consentiti i viaggi, la Fiavet attende addirittura il 90 per cento in meno di viaggiatori rispetto allo scorso anno. La luce in fondo al tunnel, però, sembra esserci: “Il settore potrà essere salvato dai viaggi interregionali – conclude Cucari – Piccoli borghi, spiagge semisconosciute e città d’arte mai troppo affollate per impedire ai turisti di visitarle nel rispetto delle norme sul distanziamento sociale: ecco la speranza per tutta l’Italia.
MARIO MORRA – Balneatore
“Mi sembra prematuro fare previsioni in questo momento. Attendiamo indicazioni dal Governo nazionale e dalla Regione per capire come si intenderà affrontare la fase 2”. Si mostra cauto Mario Morra, il patron del rinomato stabilimento balneare di Posillipo, il più antico della città con le sue origini ottocentesche. Una situazione come quella attuale è un evento assolutamente nuovo per tutti e si attende di conoscere come e quando si potrà uscire dal lockdown. “Saranno gli esperti a darci indicazioni, a dirci se ci potrà essere un’apertura contingentata o distanziata. Aspettiamo le linee guida del Consiglio superiori di Sanità”, spiega Morra che respinge l’idea, avanzata da qualcuno, di pannelli in plexiglass per limitare le postazioni sulla spiaggia. “È impensabile – taglia corto l’imprenditore – Non si può pensare a creare delle serre su una spiaggia. Sarà l’idea di qualche azienda che produce plexiglass”. “Ci aspettiamo che prima del 3 maggio il Governo ci dica se bisognerà impostare un determinato modello di stabilimento balneare”, conclude Morra. Mentre la sottosegretaria al Turismo Bonaccorsi annuncia che “in estate si andrà al mare”, quest’ultimo si sta mostrando da giorni col suo colore più blu e più cristallino: per gli operatori balneari è il punto dal quale ripartire.
MASSIMO DI PORZIO – Fipe-Associazione Verace Pizza Napoletana
Una pizzeria su tre rischia di non riaprire più a causa della crisi innescata dalla pandemia. L’allarme arriva dall’imprenditore Massimo Di Porzio, presidente della Fipe Campania e segretario dell’Associazione Verace Pizza Napoletana. La durata del lockdown inciderà sulle sorti di molte attività nel settore della ristorazione e c’è grande attesa per le decisioni di Governo nazionale e Regione su tempi e modalità della cosiddetta Fase2. “Aspettiamo le linee guida del Governo”, spiega Di Porzio, sottolineando come gli imprenditori del settore siano disposti a rinnovarsi per adeguarsi ai protocolli di sicurezza che saranno necessari, consapevoli che la ripresa sarà graduale. “All’inizio si calcola di lavorare al 20-30 per cento – aggiunge Di Porzio -. Per questo si potrebbe immaginare una ripresa a più step: prima con le consegne a domicilio, utilizzando packaging nuovi e più sicuri, a seguire con il cibo da asporto e infine con il servizio al tavolo”. Per quest’ultimo, in particolare, sono in arrivo novità non di poco conto: “Occorrerà riorganizzare le prenotazioni su più turni – conclude Di Porzio – e pensare a nuovi sistemi per prendere le ordinazioni e per mostrare il menù al cliente”.
MASSIMILIANO CAMPANILE – Hair-stylist
“Noi imprenditori abbiamo paura che questa classe dirigente ci stia prendendo in giro. Abbiamo paura di non poter più proseguire le nostre attività o, nella migliore delle ipotesi, di poterlo fare dovendo lasciare a casa un bel po’ di dipendenti”. L’imprenditore Massimiliano Campanile, hair stylist tra i più noti professionisti del settore e titolare di un marchio internazionale in Campania, commenta così il particolare momento economico che sta vivendo la sua categoria. “Quando ripartiremo – aggiunge – lo dovremo fare pensando a nuove regole lavorative che sicuramente saranno più ferree e severe. Per questo chiediamo chiarezza e una rivisitazione dei decreti sin qui emanati”. La sua proposta è quella di un azzeramento delle tasse almeno per il periodo di chiusura forzata. “Questo – spiega Campanile – ci permetterebbe di limitare i danni solo ai mancati incassi di questi mesi archiviandoli come una perdita per la nostra impresa. Pagare le tasse sui periodi di chiusura creerebbe notevoli difficoltà e una ripartenza con un gap di passivo notevole che potrebbe costringere molti a ridimensionare l’attività”. La conseguenza dello scenario disegnato da Campanile è facilmente intuibile: addio a migliaia e migliaia di posti di lavoro.