Alla vigilia delle elezioni europee, un tema che cavalca l’informazione e la politica italiana è sicuramente quello dell’ombra dell’astensionismo. Lo scenario che preoccupa di più, che tutti temono, è quello che la percentuale di non votanti continui a crescere. Non sappiamo se sarà così ma alcune cose sono evidenti, il calo generale prosegue da molto tempo e la tendenza è netta, non accennando a diminuire.

La mia tesi va un po’ controcorrente rispetto a quello che generalmente si sostiene, e prende come riferimento due fattori. Il primo è l’importanza della politica nella vita quotidiana. Se prima infatti dipendevamo di più dalle scelte di carattere normativo, economico e finanziario, che la politica faceva e che incidevano tantissimo sulle nostre vite, oggi accade molto meno. Siamo più liberi e organizzati, i mezzi informatici ci permettono di essere più autonomi, di non dipendere troppo dai palazzi; ed è un bel passo avanti.

Il secondo riguarda invece quella fetta di elettori che si recano ai seggi soltanto in presenza di candidati o contesti particolarmente significativi. In realtà la responsabilità di portare la popolazione a comprendere l’importanza di ciò è proprio della scena politica-mediatica, che sull’astensionismo non può far altro che versare lacrime preventive di coccodrillo.

Pochi in queste settimane si sono occupati di Europa (il tema della sanità ad esempio ha rubato la scena) e i leader italiani si candidano per finta, perché non andranno in Parlamento, cosa scandalosa. Meloni e Schlein, non hanno fatto neppure un confronto pubblico.

Tutto questo dovrebbe prima di tutto dire qualcosa agli italiani: d’altronde perché votare per politici e partiti che dimostrano di fottersene? E in secondo luogo potrebbe essere una lezione per la stampa e per i media: si faccia qualcosa per rendere più chiari i confronti politici ed elettorali, ma non andiamo a rimarcare, ancora una volta, quelle urne solitarie.

Tratto da RifoNews, il podcast del direttore Claudio Velardi di venerdì 7 giugno