Parla l'ex pg di Catanzaro
“Vi racconto il mio calvario”, la verità di Lupacchini il procuratore condannato dal Csm per aver criticato Gratteri

«Non avranno pace». Giornata particolare, quella di lunedì scorso, per Otello Lupacchini, ex procuratore generale di Catanzaro, davanti alla commissione disciplinare del Csm. Impegnativa per lui, uno dei magistrati più competenti e colti d’Italia, per il quale parlano 40 anni di rispettabile e brillante carriera, costretto a giustificare quattro parole di un’intervista, in un mondo in cui tante toghe parlano e straparlano, garantendosi l’impunità. Ma giornata non di tutto risposo neppure per chi lo accusa e per chi lo giudica. Con una severità che rende il suo un caso unico.
I magistrati possono picchiare la moglie, molestare le colleghe, essere incapaci e incompetenti, dimenticare documenti in cassaforte o tralasciare elementi di prova in favore degli imputati. Possono anche dire che rivolteranno l’Italia come un calzino o demoliranno la Calabria per ricostruirla come un Lego. Possono andare in trasmissioni televisive a lanciare sospetti di collusione mafiosa su nomine o mancate nomine di competenza del Ministro. E parlare, parlare, parlare. Solo al procuratore Lupacchini non è consentito. E soprattutto non è consentito se vieni preso di mira da un intoccabile. Allora sei colpevole di lesa maestà nei confronti dell’intoccabile e di conseguenza del prestigio dell’intera magistratura. Così, davanti alla prima commissione, lui parte deciso, con una domanda retorica ma efficace.
«Sono io a vulnerare il prestigio e l’onore dell’Ordine giudiziario con i comportamenti dedotti in incolpazione, cioè denunciando pubblicamente le condotte anomale, già portate a conoscenza, oltre a tutto in epoca non sospetta, di codesto Consiglio e degli organi disciplinari poste in essere dalla mia asserita ‘vittima’, il Procuratore distrettuale di Catanzaro, dottor Nicola Gratteri, o quell’onore e quel prestigio viene costantemente violato proprio da chi se ne atteggia da custode e vindice?». Certo, sono sotto gli occhi di tutti i passi falsi delle inchieste del Procuratore di Catanzaro e le bacchettate che ogni giorno ha ricevuto da giudici di diverso livello. Ed è umiliante per una magistratura oggi già in ginocchio che ne esca come “condannato” (il dottor Lupacchini in agosto compie 70 anni e andrà in pensione) chi ne ha tenuta sempre alta la reputazione osservando le regole, mentre altri sono addirittura intoccabili.
Lui non ha neanche tanta voglia di continuare a nominarlo, il procuratore capo di Catanzaro. Preferisce considerare quella di lunedì solo “la prima di tante altre giornate”. Perché non molla. La commissione disciplinare del Csm lo ha ascoltato per due ore e mezza, e poi il suo difensore Ivano Iai, che ha ricordato, giurisprudenza alla mano, quanti magistrati sono stati assolti pur dopo aver criticato in modo feroce i provvedimenti di colleghi. E poi ancora quaranta minuti del magistrato incolpato, dopo che il procuratore generale aveva voluto replicare. Fatica un po’ sprecata, se non fosse che tutto rimane agli atti, perché forte è la sensazione che, quanto meno nella testa dei presenti, tutto fosse già chiaro e deciso. «Avevano una gran fretta di andare in camera di consiglio», non può che constatarlo l’ “imputato”. Che non si ferma, anche se constata davanti alla Commissione che «nella vita talvolta è necessario saper lottare non solo senza paura, ma anche senza speranza», sine spe nec metu.
Ma che cosa paga, dottor Lupacchini, in realtà? Non mi dica che aver definito un certo tipo di inchieste come alcune condotte dal procuratore Gratteri, ‘evanescenti come ombra lunatica’, può comportare l’essere trasferito a mille chilometri di distanza e degradato a semplice sostituto dopo esser stato Procuratore generale? Pago il non esser stato “così”, risponde. Così come? Non essere uno dei tanti personaggi cui tutto è consentito, e non si sa bene perché. Lunedì mi hanno dimostrato che non potevano avere spazio persone che non frequentino spioni salvati dal segreto di Stato, persone che non frequentino giornalisti con profumo di ricatto o ufficiali felloni. Persone che non frequentino truogoli dove si muovono ambigui personaggi della finanza o della politica. Non c’è spazio per uno come me in un mondo di incapaci, ma capaci di tutto. Il ritratto è molto chiaro, con la ciliegina sulla torta: blatero de omnibus, ma senza capire nulla. Di che cosa per esempio blatera, questo personaggio virtuale, visto che quello vero non lo vogliamo nominare? Può minacciare giudici, dicendo che prima o poi si scopriranno le loro marachelle, può mandare messaggi traversi….
Certo, Otello Lupacchini appartiene a un altro mondo, a un’altra storia. Forse sono io ad aver sbagliato tutto, dice senza crederci. Sono entrato in magistratura quando i miei colleghi erano persone colte, persone per bene, alcune poi ammazzate come cani, come Galli e Alessandrini, o in strani incidenti d’auto, come capitato in Sicilia. Non mi ritrovo in questo clima di volontà di potenza, di politicanti che si parlano nella tromba delle scale…Un momento, dottor Lupacchini, di chi parla? Di un magistrato di grande spessore (ridacchia, ndr) che voleva garantirci la sua presenza fino a cento anni. Del resto dottor sottile vuol dire che è sottile, no?
Beh, dottor Lupacchini, c’è chi fa incontri nella tromba delle scale e chi, come Luca Palamara, ha avuto il coraggio di scrivere con Alessandro Sallusti un libro in cui disvela il Sistema. Anche se ha “dimenticato” un certo episodio di cui è stato protagonista lui stesso con Nicola Gratteri e di riflesso anche lei. Parliamo del 2018, di quella volta in cui lei e Gratteri eravate tutti e due convocati presso la prima commissione del Csm, lei il giorno prima e il suo sottoposto in quello successivo. E i due si sono incontrati al bar “Il cigno”, su insistenza del procuratore di Catanzaro, alle otto del mattino, proprio prima della sua audizione. Certamente per parlare delle buche di Roma, sospira Lupacchini. Del resto, aggiunge, Palamara è astuto, sa con chi non ci si può scontrare. Anche se non faceva parte di quella commissione, era comunque un personaggio molto importante del Csm. Chissà che fretta aveva Gratteri di incontrarlo proprio dopo la mia deposizione e prima della sua. E chissà perché non se ne parla nel libro, possiamo aggiungere. Ed è anche strano -visto che della conoscenza tra i due comunque nel Sistema si accenna- che il procuratore di Catanzaro si sia affrettato, dopo l’esplosione del caso dell’ex presidente della Anm, a prenderne le distanze come se i due non si fossero mai visti.
Altre storie, altre generazioni. Uno come Lupacchini non avrebbe mai definito se stesso, né nessun altro magistrato, come “il derattizzatore della Calabria”. Il Gratteri pensiero. Su cui Lupacchini ha le idee chiare. Parliamo di quello che scarica sempre su altri, non fa nomi ma getta sospetti su tutti, pur con “il suo eloquio involuto”, quello che si lamenta se i giornalisti non danno sufficiente risalto ai suoi blitz, quello che pubblica un libro ogni sei mesi per essere sempre sulla cresta dell’onda. In una terra dove qualcuno ha addirittura messo un cartello di benvenuto a Lamezia Terme con la pubblicità del processo “Rinascita Scott”, quello che ha già subìto una serie di contraccolpi da giudici di vario livello, ma che rimane il fiore all’occhiello del procuratore Gratteri, il processo con cui vuole diventare più famoso di Giovanni Falcone.
Per Otello Lupacchini quel cartello fa semplicemente parte del culto della personalità: est modus in rebus, è il suo unico commento. L’opinione sconsolata di una magistrato decisamente diverso, altro stile. E anche successi. Come li ha raggiunti? Io mi sono limitato ad applicare le regole, dice. Perché il garantismo non è una malattia venerea, è solo applicazione delle regole. E dal 1974 e fino al 2020, con le leggi speciali prima sul terrorismo, poi sulla mafia e infine sulla corruzione, si mostra disprezzo nei confronti delle regole compatibili con il giusto processo, con diversi articoli della Costituzione (2, 3, 24, 25, 27) e anche della normativa europea. Certo, è responsabilità del legislatore. Ma la storia, anche quella di questi giorni, ci ha insegnato a conoscere anche quella dei magistrati. E purtroppo di quelli come Otello Lupacchini, ne sono rimasti ben pochi.
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