Le testimonianze
Violenze in carcere, i racconti dei detenuti al Beccaria: “Calci ai genitali, manette e approcci sessuali. Tutti sapevano e non parlavano”
Le testimonianze dal carcere minorile Cesare Beccaria raccontano di un metodo diffuso e ben rodato. Ragazzi ammanettati, colpiti con calci e pugni e cinghiate, spesso nella stanza degli orrori, l’ufficio del capoposto, lì dove non c’erano telecamere, da dove provenivano le urla e dove tutti sapevano quello che succedeva, ma nessuno parlava, nel rispetto del codice non scritto dell’omertà degli agenti.
Le violenze e le torture sarebbero iniziate nel 2022, in totale sono 21 gli agenti coinvolti, 13 arrestati, otto sospesi, con i reati contestati dalla Procura che variano dai maltrattamenti al concorso in tortura fino alla tentata violenza sessuale. Le indagini sono durate circa un anno e partite da alcune segnalazioni, pervenute all’Autorità giudiziaria attraverso il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale e sviluppate attraverso intercettazioni, e acquisizioni di telecamere interne all’istituto. È dal garante dei detenuti Franco Maisto che parte l’allarme. A lui si era rivolto Davide Gentili, che a sua volta era entrato in contatto diretto con una psicologa e con la madre di un ex detenuto.Storie di “Violenze gratuite e generalizzate” come scrive il gip Stefania Donadeo, e che prende vita dai racconti dei minori. Gli episodi sono circa 12, uno dei quali riguarda un ragazzo evaso a Natale 2022.
“Qui ti picchiano senza motivo”
“Qui ti picchiano senza motivo”, racconta un ragazzo. “Hanno spaccato un mio amico. Aveva sul labbro le impronte degli stivali, a zigzag, gli hanno schiacciato la faccia. Sentivamo le urla. Ai maggiorenni non succedono queste cose”. Un’altra storia risale al novembre 2022, la vittima aveva 18 anni: “Sono arrivati sette assistenti, e mi hanno messo le manette, con i polsi dietro la schiena, poi hanno iniziato a colpirmi. Avendo un problema alla spalla sinistra poco dopo mi è uscita. Dicevo loro ‘Per favore, toglietemi queste manette, mi sta uscendo’. Ma hanno continuato a darmene con forza”. Prima un schiaffo, poi un pugno, un calcio nella parti intime. Da quel momento in poi il ragazzo visto tutto nero, “ricordo solo che mi hanno sputato addosso”. I dolori ai genitali sono proseguiti per due settimane, e dopo il pestaggio è stato messo in isolamento per dieci giorni in un’altra cella. Per i primi tre senza neanche un materasso per dormire. La terza storia racconta invece di un pestaggio in ufficio per un ragazzo iperattivo con ritardo cognitivo che chiedeva con insistenza un accendino per fumare. La risposta arriva nel solito ufficio del capoposto: botte. “Se le era meritate”, racconterà poi un agente intercettato al telefono.
La violenza sessuale
Non solo. Gli agenti avrebbero organizzato anche una spedizione punitiva dopo che uno di loro avrebbe provato ad abusare di un sedicenne a letto, un ragazzo nordafricano subito trasferito a Torino. L’episodio risale al 7 novembre 2023: “Mi sono svegliato quando all’improvviso un agente mi ha messo la mano sul sedere. Gli ho chiesto cosa volesse e mi ha risposto che desiderava fare l’amore con me. Allora l’ho colpito con diversi pugni per fermarlo, poi si è svegliato il mio compagno di cella che mi ha aiutato. Il giorno dopo sei agenti sono tornati a picchiarmi. Hanno prima portato via il mio amico, poi spruzzato negli occhi del sedicenne uno spray al peperoncino. Portato in una cella di d’isolamento, spogliato e preso a cinghiate con le manette ai polsi”. Nella relazione finale scriveranno poi di essere stati aggrediti.
Dalle intercettazioni è emersa anche la preoccupazione degli agenti: “Adesso ci fregano, perché prima non c’erano le videocamere, si trovavano scuse, potevamo dire che il ragazzo ci aveva aggredito ecc ecc, ora non è più come una volta, le telecamere parlano. Come ti giustifichi?“. Avevano capito che la situazione poteva cambiare dopo la nomina del nuovo direttore, in concomitanza con l’avvio delle indagini: “Tu sei il direttore, ci devi proteggere. Per un marocchino di mer.. che neanche parla l’italiano”. Ora l’omertà, al Beccaria, ha visto la parola fine.
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