L’inchiesta rimane a Milano
Visibilia, al governo non piace l’atteggiamento sferzante della ministra Santanchè: le parole di La Russa smontano la difesa a oltranza
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Mentre l’attenzione mediatica era cooptata dagli strascichi della vicenda Almasri, con il relativo acuirsi dello scontro tra governo e magistratura, con ben quattro componenti del governo tra cui il presidente del Consiglio raggiunti da un’informazione di garanzia, è arrivata la decisione della Suprema Corte di Cassazione sull’altro caso giudiziario e focolaio di tensione nella maggioranza – prima che arrivasse l’atto “dovuto-voluto” della Procura di Roma a ricompattare gli alleati di governo – quello riguardante l’avventura imprenditoriale della ministra Daniela Santanché.
Gli ermellini hanno ritenuto che è Milano il luogo competente a valutare la richiesta di rinvio a giudizio mossa dalla procura meneghina contro la Ministra del Turismo, per truffa aggravata ai danni dell’Inps. Sempre a Milano era arrivato la scorsa settimana il rinvio a giudizio per l’altro filone dell’inchiesta Visibilia, quello riguardante il reato di “false comunicazioni sociali”, sfociato poi in ambito politico in un gelido silenzio di Fratelli d’Italia, partito di cui la Santanchè è senatrice oltre che dirigente. Ad esporsi per la ministra del Turismo sono stati sin da subito gli alleati, tanto Forza Italia, quanto la Lega, ma sul fronte di “casa” si è udita la sola e personalissima voce del ministro Crosetto.
Di qui l’ipotesi che tanto a via della Scrofa, quanto a Palazzo Chigi, non avessero gradito l’atteggiamento sferzante dimostrato dalla Santanchè, e palesato nelle dichiarazioni alla stampa. Così come quel “deciderà Meloni” interpretato come “adesso la dovrà gestire lei”, senza accennare ed escludendo apoditticamente un gesto di responsabilità/opportunità che probabilmente il suo partito avrebbe gradito. Al contrario prima che scoppiasse il caso Almasri con le opposizioni che seguitavano a pungere l’esecutivo e la premier sulla vicenda, Santanchè dall’Arabia Saudita ha escluso ogni possibilità di dimettersi, soprattutto per quanto concerne la contestazione sulle “false comunicazioni sociali”. Di qui l’ulteriore gelo da palazzo Chigi e via della Scrofa a giudicare dai rumors e soprattutto dai silenzi, che a volte, in politica sono più eloquenti di tanti innumerevoli discorsi.
L’appoggio sul quale Daniela Santanché ha provato ogni forma di resistenza, al di là del retorico quanto ammirevole “conto solo su me stessa”, è quello del presidente del Senato che come ex colonnello di An e Cofondatore di Fratelli d’Italia ha il suo peso. Ma il sostegno umano è una cosa, quello politico è cosa ben diversa e anche La Russa una volta preso coscienza della decisione della Cassazione, ha chiarito e forse inviato un messaggio alla Santanché e a tutti coloro che si erano lanciati in analisi rocambolesche sul suo ruolo e sulla sua difesa ad oltranza. Per il presidente del Senato la pronuncia della Cassazione è “un elemento di valutazione” da aggiungere ai precedenti per la ministra del Turismo.
Parole, quelle di La Russa, che pesano e non poco, e che capiremo quanto influiranno sulla decisione della Santanchè qualora decidesse di prenderne una. Di sicuro con l’impennata dello scontro con le toghe e con 90 giorni di attesa per la decisione del tribunale dei Ministri, non è chiaro fino a che punto il governo e la maggioranza possano coabitare con una vicenda giudiziaria di carattere personale e senza alcuna sfumatura politica. Forse le parole misurate di La Russa sono un messaggio a fare la cosa giusta, quel gesto di opportunità che non è un piegarsi al giustizialismo ma evitare al governo, a Fratelli d’Italia e a tutto il centrodestra, di mostrare il fianco debole proprio quando la battaglia campale sta per avere inizio.
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