L’incontro tra due donne. I ritratti di tante donne. Una donna che domina su tutte. E anche una cagnolina che si rende protagonista. È un palcoscenico tutto popolato al femminile, il libro di Patrizia Zappa Mulas su Franca Valeri (“Franca un’incompresa di successo”, Sem editore, quindici euro), scritto quasi a quattro mani come una sonatina al pianoforte. Una composizione pensata in sintonia, in complicità. Tra due milanesi che vivono a Roma ma restano milanesi. Tanto che Patrizia chiama Franca “la Franca”, come si dice da queste parti, non solo a Porta Cicca, che una volta era zona proletaria e oggi di intellettuali, ma anche dalle parti di Monforte, zona di buona borghesia (ieri e oggi) dove la piccola Franca, nata nel 1920, è vissuta finché le leggi razziali non hanno imposto alla sua famiglia fughe e spostamenti.
L’incontro tra le due donne, la giovane Patrizia e l’ottantenne Franca, avviene in un luogo incantato, a Erice, dove l’antico tempio intitolato a Venere è diventato il luogo dove, in nome della dea della bellezza, si premiano le donne i cui occhi vengono guardati non per il colore o la grandezza ma per la luce che esprimono. Patrizia Zappa Mulas è nel proprio mondo, proviene da una famiglia di artisti, lei stessa è attrice e scrittrice, da bambina ha anche frequentato l’ambitissima scuola di ballo della Scala. Franca Valeri è lì per prendere un premio alla carriera, non tromboneggia ma non fa neanche la modesta, non sarebbe proprio nel suo stile. La butta in ironia: Io Venere non l’ho mai disturbata, butta lì. La cagnolina Taramà, che mentre Patrizia Zappa Mulas è sul palcoscenico a fare la sua lettura, piano piano sale la scaletta e va ad accucciarsi tranquilla ai suoi piedi, diventa una sorta di Cupido, perfettamente in tema, dell’amicizia tra le due donne.
Non c’è bisogno di scomodare la politica dell’affidamento della ragazza giovane nei confronti della donna matura che ha dominato gran parte del dibattito tra femministe negli anni settanta, in particolare tra quelle che si radunavano nella “Libreria delle donne” di Milano, per capire come sia nato questo libro che pare in ogni sua pagina, fino all’inedito finale scritto da Franca Valeri (“La sedia del nonno”) una sonatina a quattro mani.
C’è la storia del fascismo, della persecuzione degli ebrei che Franca vive come un’ingiustizia quasi fatta personalmente a lei, ragazzina di buona famiglia e di buone scuole che a un certo punto non potrà più frequentare. È arrabbiata, la piccola Franca, tanto che, ormai giovane donna, quel famigerato giorno in cui si sparse a Milano la notizia che Mussolini, con i suoi gerarchi e Claretta Petacci era stato ammazzato e appeso, correrà fuori di casa e si farà trascinare dalla fiumana di gente che correva verso piazzale Loreto. Lo spettacolo dei corpi appesi a testa in giù non le susciterà nessun sentimento di pietà. La Franca che ha sempre dentro di sé quel “muro portante” che le consente di affrontare a testa alta la sofferenza, non lo concede a se stessa. Non quella volta.
Cento anni di vita vera, di grandi successi. Un lungo percorso. Ci sono poi gli uomini nella sua vita, quelli di famiglia, il padre e il fratello Giulio di cui esser un po’ gelose, e il nonno quasi sconosciuto ma anche amato in una sorta di sogno. E il marito Vittorio Caprioli e il grande amore Maurizio e il libro li racconta nei sentimenti di lei. Sono importanti, ognuno di loro ha un luogo preciso nella sua vita. Sono importanti ma non stanno mai al centro della scena. Li si ritrova anche nella parte artistica del suo animo e nei chiacchiericci delle donne delle sue rappresentazioni. Come quella Fanny della sua commedia “Catacombe”, «disposta a tutto per tenersi Bruno ma non a farsi amare da lui». È la donna che vive la sua relazione da amante (ma anche un po’ madre), ma quando infine lui stramazza ai suoi piedi, preferisce consegnarlo alla moglie.
Franca Valeri vergherà personalmente sul programma di sala del suo debutto al teatro Valle, queste poche parole: «Dedico questa commedia, come tutta la mia passata attività di autrice attrice, alle donne che conosco. Le donne mi hanno ispirato. Questa commedia mi pare comunque la dimostrazione che l’unica cosa che interessa ancora veramente la donna è l’uomo, anche quando non lo ama più». Pure gli uomini non paiono mai essere protagonisti, nel racconto della sua vita. Sul suo palcoscenico sfilano le donne. Che sembrano personaggi negativi, ma non lo sono. La Cesira, per esempio, quella che punta un uomo e non lo molla, quella che non si perde mai d’animo. In realtà non è una perdente, è la donna single emancipata, che vive del proprio lavoro e non delega all’uomo la prima mossa. E la signora Cecioni, la romanissima dalla parlata dialettale? Anche lei ha la sua forza, in dialoghi in cui si parla di uomini, ma alla fine sono sempre tutte queste donne, madri, sorelle e figlie a tenersi per mano, a occupare la scena con energia tutta femminile.
Ma poi per tutti, e soprattutto per i milanesi, quella illuminata di luce propria, quella che non tramonta, rimane sempre la “signorina snob”, quella che accompagnerà la sua creatrice per tutta la vita, immutabile in tutte le sue mutazioni, proprio come “la Franca”. «È quella che mi suscita più affetto –scrive Patrizia Zappa Mulas-. Forse perché è la prima invenzione di Franca, o perché è milanese». Il personaggio è anche un po’ bifronte. Nasce subito dopo la guerra ed è un po’ uno sberleffo vendicativo nei confronti di tutte le signore borghesi che avevano preso le distanze da lei e dalla sua famiglia. Ma è anche «una parte segreta di lei stessa, una combinazione di arguzia ebraica e di solido umorismo lombardo».

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.