il Ponte
Le testimonianze
Vita di frontiera, la straordinaria storia dell’italiano vero Manou: dall’incontro con Boniperti alla cucina a Lampedusa
Manou arriva con i suoi 92 anni e sua figlia Roseline alla terrazza di Giò, sul porto grande di Lampedusa. Abbiamo appuntamento per l’aperitivo; lui porta due boccette di harissa fatta da lui e dei crostini, ordina un pastis per lui e un Jack Daniel senza ghiaccio per Roseline. Io sono con il mio amico Vincenzo Terrasi, qua sull’isola conosciuto come l’Avvocato, con un’allure alla Agnelli. Manou, al secolo Damiano Costanza, padre di Tony, detto Antoine Michel, detto Tony Yesss, scomparso qualche mese fa, l’artista che ha più identificato l’isola, più di Modugno, certamente più di Baglioni.
Manou ha una storia, grande, complessa e compiuta, da italiano vero. È un profugo, rimpatriato dalla Tunisia; viveva a Capaci piccola, per distinguerla dalla più altolocata Capaci grande, quartieri di emigrazione palermitana, Capaci e Isola delle Femmine, a Sousa, Tunisia. Sbarcato in un centro di accoglienza a Tortona si dirige da un parente a Torino, la città della Fiat, della Juventus. I parenti gli procurano un colloquio in una grande ditta di autotrasporto. Lui entra e arriva il socio di maggioranza, il mitico Giampiero Boniperti, ex stella inarrivabile della Juventus, e già dirigente a Villar Perosa. Empatizzano subito, tra il centravanti e l’arabo, come lo chiamava Boniperti.
La ditta s’ingrandisce e sceglie di trasformare gli autisti in padroncini affiliati. Manou è il più lesto: lui lavorava 20 ore al giorno, da Torino a Reggio Calabria, sono anni d’oro, si compra casa, macchina francese, mobilio, si sente un Dio. Poi Antoine Michel, suo figlio, il cantante di Sciarabià, lo chiama, da Lampedusa, l’isola di sua madre Maria, ha trovato un ristorante, sul Porto Vecchio, e Manou deve scendere per firmare il contratto. Il primo ristorante si chiama Naviglio, la mattina dispensa la colazione a oltre 150 pescatori, e la sera diventa il punto di ritrovo dell’isola. Poi venne il Gemelli, dove tutti i vip che arrivavano sull’isola pelagica approdavano, dove Manou, sua moglie e Rosaline, cucinava mentre Antoine dispensava fascino e musica tra gli ospiti. Poi venne Il ristorante a Cannes, il Ghepard, e a Milano il Gattopardo. Fino alla palafitta per yacht di lusso a Turks & Caicos. Sempre frontiere tra bric e harisse, tra cous cous tunisino autentico, e paelle inarrivabili.
Ma Lampedusa è la frontiera dove questa famiglia giramondo ha il suo centro di gravità possibile. Qui Manou cucina metà del pesce del Canale di Sicilia, Roseline prepara il polpo alla shakshuka, e Tony scrive canzoni che sanno di esperanto, di Africa ed Europa, di Mare Nostrum. Lampedusa è frontiera senza bandiera, confluenza di popoli e culture, e la famiglia Costanza è la sua sintesi perfetta. Adieu Tony, grazie al grande Vecchio, che mi fa una sana invidia, l’eterno Manou, tra migrazioni, fatiche, successi inarrivabili, e un pastis in compagnia di persone che umilmente ne raccolgono le gesta. Non abbiamo vissuto al tempo di Achille, ma a quello di Antoine Michel e di Manou.
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