Nel Sì & No del giorno del Riformista spazio al dibattito sulla polemica riguardo la vita privata di Giorgia Meloni. Sul tema intervengono con visioni opposte il senatore di Fratelli d’Italia Luca De Carlo e il giornalista Aldo Torchiaro, firma del Riformista.

Qui sotto il commento di Aldo Torchiaro

“Si è parlato senza pietà delle mie questioni personali”, risponde Giorgia Meloni all’intervistatore di Radio105 che le aveva posto la questione. “Alla fine, elmetto in testa e si combatte!”. A volte, come nell’ uno-due di questo botta e risposta, Meloni sembra fare tutto da sola. La premier è pugnace e ha dimostrato di essere reattiva non solo rispetto agli attacchi dei giornali, più o meno motivati, ma più ancora rispetto alle avversità della vita. È lei stessa ad averlo detto. Meloni deve prendersela con Giorgia: è lei a parlare della propria intimità a tambur battente. Da quando, con il suo discorso di insediamento alle Camere aveva detto di essere tutt’altro che una privilegiata. “Sono una Underdog”, aveva sottolineato, precisando – a ragione – di essere riuscita a cavarsela tra criticità importanti: partita con tanti punti di svantaggio, è arrivata a guidare Palazzo Chigi dopo anni di gavetta politica mista a serie difficoltà famigliari. Di lei sappiamo molto perché è stata lei stessa, in primo luogo, a dire molto. Ha parlato lei per prima della casetta alla Garbatella in cui è cresciuta con la sola mamma, affiancata dalla sorella Arianna. Ha parlato lei stessa delle difficoltà economiche, dello svantaggio sociale. Ha fatto più di una campagna elettorale mettendo in piazza ogni aspetto della sua vita personale, umanizzando la politica e ricorrendo al sentimento contro il risentimento.

“Mi chiamo Giorgia, sono una madre, sono cristiana” è diventato un cult della comunicazione politica, messo in rap da due dj milanesi che l’hanno reso uno dei pezzi più virali di sempre, ben oltre i confini italiani. E non era già questa sua sovraesposizione erga omnes del suo lato umano e personale – il legame famigliare, il credo religioso – una targa immediatamente pubblica di fatti personali? Tutto, nella Meloni che scala il consenso dal 4 al 30%, è legato alla consegna in pasto al più ampio pubblico di tutti i suoi dettagli privati. Che evidentemente piacciono, o comunque funzionano. Perché il leaderismo ha come estrema conseguenza il voyeurismo: dalla biopic al pettegolezzo il passo è breve. E non è un problema solo di Giorgia Meloni ma di tutti i leader, che da anni vengono ormai iperscrutati sin troppo intimamente: basterà lasciar stare l’informazione compassata e andare a leggere i dati del più autentico indicatore delle curiosità degli italiani, Google, che renderci conto di quali e quante siano le domande che gli utenti della rete rivolgono ai motori di ricerca: quanto è alto questo, quanto pesa quello. E i famigliari: chi è il marito di quella deputata, chi è la moglie di quel senatore. Come si chiamano i figli.

E lasciamo stare le ricerche sulle amanti, su cui le metriche di Google offrono numeri da capogiro. La politica 2.0 è nata sulla pretesa di prossimità eccessiva, sulla riduzione forzosa delle giuste distanze. Giorgia Meloni deve il suo successo anche a quella percezione di ragazza della porta accanto che prospetta: all’esposizione fotografica puntuale del suo diario di bordo quotidiano, alla narrazione di prossimità con cui – a partire dall’accento romano de Roma – comunica con forza il suo saper stare coi piedi per terra. Fino a quel post di Instagram di qualche mese fa, era il 19 ottobre, che Giorgia Meloni ha scritto di suo pugno: “La mia relazione con Andrea Giambruno, durata quasi dieci anni, finisce qui”. Più chiaramente, più esplicitamente di così non poteva dirlo. Ed era scontata la marea di reazioni, la pioggia di rilanci sulle agenzie di stampa, le centinaia di migliaia di commenti sui social. Quel post ha ricevuto 333.236 like e 45.620 commenti. Ha segnato un record nella storia dei social network politici e insieme personali. La stragrande maggioranza di quei commenti erano, inutile dirlo, favorevoli e solidali con la decisione di Giorgia Meloni, una donna delusa, una madre separata.

E poi, naturalmente, una premier. Se si declama pubblicamente la fine della propria relazione sentimentale, poi è difficile lamentarsi per la troppa curiosità sulle vicende private. Meloni ha costruito una identità personale inscindibile tra la persona e la personalità pubblica, è vittima e insieme artefice di un sistema dagospiologico che pretende di vedere, sapere e commentare tutto di tutti. È lo spirito del tempo, lo Zeitgeist 2.0 di questa videocrazia in cui, come diceva il politologo Giovanni Sartori, esiste solo quello che si vede. E di tutto quello che si vede si deve poter vedere ancora di più. Una e-democracy a realtà aumentata che però non conosce freni, non tiene conto del necessario rispetto per il limite invalicabile che deve esserci tra trasparenza pubblica e privacy personale. Meloni può essere l’unica a porre, chiaro, questo limite: dia lei stessa il buon esempio a Giorgia. Tenga la sua vita al riparo dai social e le famiglie degli avversari politici lontane dall’accanimento dei follower. I media, le tv, i giornali – che non guidano più i processi informativi, né l’opinione pubblica, ma li accompagnano – finiranno per fare lo stesso.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.