La sua imitazione realizzata da Maurizio Crozza supera la fantasia: “Mi diverte tanto perché è spiritoso, però mi attribuisce frasi e concetti che non ho neanche mai pensato”. Vittorio Feltri, cogliendo l’occasione dell’uscita del suo nuovo libro, si racconta al Corriere della Sera. Parte dai suoi titoli, ricordando la ‘patata bollente’ riferita a Virginia Raggi per la quale fu condannato a undicimila euro: “Possono piacere o non piacere, ma non sono certo un cronista dell’ultima ora, nel lavoro ho sempre dato il massimo e non mi sono mai pentito. Se le cause mi sono costate tanto? Io non pago niente, paga l’editore”.

Feltri, l’assunzione al Corriere e la fondazione di Libero

Quando ha fondato ‘Libero’, ‘non aveva una lira’, poi ha venduto tutto agli Angelucci e ha fatto ‘un sacco di soldi’. Una carriera da giornalista per la quale si definisce ‘fortunato’, come quando fu assunto al Corriere: “Non conoscevo nessuno, mi aveva voluto Angelo Rizzoli. Aprii la busta del contratto e lessi che lo stipendio era di un milione di lire, chiamai mia moglie e mi disse di tornare a casa che avrebbe controllato. Ho dovuto iniziare a lavorare a 14 anni, dopo la terza media, ero rimasto orfano a 6 anni e mia madre doveva mantenere tre figli. Il lavoro non bastava”. Poi il diploma da vetrinista: “Mi ha aiutato con le prime pagine che sono come le vetrine per attirare i clienti”. E la laurea in Scienza politiche: “Avevo 40 anni, presi il massimo, mi sono commosso”.

Vittorio Feltri: il lavoro, Enzo Tortora e i guadagni

Sul lavoro il servizio che più gli ha dato soddisfazione è stato quello su Enzo Tortora: “Capii che i magistrati non conoscono il latino, altrimenti avrebbero applicato il principio de ‘in dubio pro reo’. Smetterò di lavorare quando mi accorgerò che non capisco più niente e quel momento si sta avvicinando. Ma se anche voi guadagnaste quanto guadagno io non vorreste smettere”.

C’è spazio anche per parlare dei suoi figli, due gemelle, Laura e Saba, messe alla luce dalla prima moglie morta dopo il parto. Poi arrivarono Mattia e Fiorenza con Enoe Bonfanti, e c’è Paolo, figlio della cognata: “È come se fosse mio”. Ammette che per Fiorenza aveva pensato all’aborto: “Ero contrario però capivo che per la madre sarebbe stato difficile continuare a lavorare. Fissammo un appuntamento in Svizzera, poi mi rifiutati perché l’aborto è un infanticidio non punibile. Non è un diritto, è una concessione cinica dello Stato”. Per Mondadori è appena uscito il suo libro “Il latino lingua immortale”, scritto con il suo tablet: “Lo strumento che mi spedisce all’inferno viste tutte le bestemmie che mi ha fatto lanciare”.

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