In questa difficile e lunga quarantena abbiamo cantato e continueremo a cantare insieme per farci compagnia, per condividere l’eccezionale, per restare umani anche se lontani, ma abbiamo fatto ancora di più con la mano sul cuore abbiamo trovato il portafoglio e lo abbiamo aperto. E se ad aprirlo è uno dei Paperon de Paperoni d’Italia, siamo contenti e ringraziamo, perché secondo quel vecchio e saggio detto che “a caval donato non si guarda in bocca”, nessuna polemica è ammessa sui nomi e i motivi dei donatori, non ora e non sul valore dell’aiuto offerto per arrestare una pandemia che rischia di decimarci, se lasciata agire, se non contrastata.

E per questo tutta l’Italia ha donato, chi tanto e chi tutto quello che poteva, che è ancora di più. C’è la storia di un anziano signore che in provincia di Cremona ha violato le restrizioni per andare a consegnare al personale ospedaliero, una banconota da 50 euro, avvolta in un biglietto con su scritto: “50 euro antivirus”. La comunità senegalese ha donato 600 euro alla Protezione Civile di Conegliano, lo aveva già fatto la comunità cinese. Ma il significato del dare è stato declinato in ogni modo: molte fabbriche e industrie sono state riconvertite per produrre presidi ospedalieri, una per tuttte: la rossa di Maranello produrrà ventilatori e respiratori anziché nuove Ferrari e ci auguriamo che siano da turbo-guarigione!

Siamo andati oltre le nostre capacità, abbiamo sbloccato limiti tecnologici come nel caso di Marco Ranieri, direttore del reparto di Rianimazione e anestesia del Sant’Orsola di Bologna, che con alcuni colleghi ha intuito come collegare un respiratore a più circuiti, per utilizzare un ventilatore polmonare per due pazienti contemporaneamente e quindi raddoppiare i posti in rianimazione. Un’azienda di Mirandola realizzarà il nuovo strumento in 72 ore. Piero, un malato di Sla, che vive a Nichelino ha messo a disposizione dei malati di covid-19 il suo secondo ventilatore polmonare di riserva, chiedendo agli altri 4-6mila malati di sla in Italia di fare temporaneamente, per qualche mese, la stessa cosa!.

Diversi gruppi di infermieri in tutta Italia, hanno cucito di notte e continuano a farlo, migliaia di mascherine ricavandole da vecchi lenzuoli chirurgici, sarti da tutta Italia aggiungono le loro macchine da cucire alla lotta per contenere l’epidemia. Alcuni marchi di moda hanno deciso di regalare vestiti da sposa a dottoresse e infermiere, future spose, mentre una nave crociera, già ancorata nel porto di Genova, è stata trasformata in un immenso reparto di terapia sub intensiva, con cabine singole e oblò vista mare, ora a disposizione della Liguria, ma pronta a sbarcare ovunque serva.

Si offre e si dà ogni cosa, nel desiderio di ringraziare chi è in prima linea, per partecipare concretamente ad una travolgentre catena di solidarietà umana contro un virus che tende a colpire e cancellare proprio la nostra pietas, come spiega molto chiaramente il grande storico israeliano Yuval Noah Harari. “Gli umani sono particolarmente vulnerabili alle epidemie, perché siamo un animale sociale. Ed è così che si diffondono le epidemie. La forza dei virus è che spesso sfruttano il nostro meglio, le caratteristiche migliori della natura umana contro di noi. Sfruttano il fatto non solo che ci piace socializzare, ma anche che ci aiutiamo a vicenda. Quando qualcuno è malato, la cosa naturale da fare, specialmente se questo è un amico o un membro della famiglia, è andare da lui, per dargli sostegno, prendersene cura, dargli supporto emotivo. Toccarlo, abbracciarlo. Ed è esattamente così che si diffonde il virus”.

Ma siamo animali adattabili e non disponibili a sopprimere la parte migliore della nostra natura e quindi il virus sappia che non rinunceremo alla nostra affettività, cambieremo per un po la forma, ameremo, soccorreremo e lotteremo a distanza, ma con più forza.