Non mancano le sorprese nel processo in corso contro Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario all’Economia del governo Berlusconi che deve difendersi dall’accusa di concorso esterno in associazione camorristica. Nella prossima udienza del 14 aprile sarà infatti ascoltato Nicola Schiavone, collaboratore di giustizia figlio del boss Francesco, detto Sandokan.

In un verbale del settembre 2018 Schiavone rivela infatti che il clan dei Casalesi aveva deciso di uccidere l’allora deputato del Popolo delle Libertà. “Mio zio Cicciariello (cugino e omonimo del boss Francesco, soprannominato Cicciariello, ndr) voleva uccidere Cosentino e ci volle il bello e il buono per calmarlo – si legge nel verbale – non lo ipotizzò, dette l’ordine”.

Un piano che non andò a buon fine per la presunta “mediazione” di altri due esponenti del clan Giuseppe Russo e Antonio Iovine. A spingere la cosca ad una scelta così forte sarebbe stata il rifiuto di Cosentino di indicare un avvocato abile nei giudizi di Sorveglianza allo stesso Nicola Schiavone, oltre alla circostanza in cui l’ex sottosegretario non si sarebbe presentato ad un incontro convocato da Cicciariello.

Per consentire la testimonianza (in videoconferenza) di Schiavone junior la Corte d’Appello ha fatto slittare al 14 aprile la prossima udienza, quando il giudizio sembrava ormai destinato alla conclusione. Il pg Musto per Cosentino ha chiesto 12 anni reclusione, rispetto ai 10 del verdetto di primo grado.

Per gli avvocati di Cosentino, Stefano Montone e Agostino De Caro, il verbale di Schiavone è punto in favore dell’ex sottosegretario: se Francesco Schiavone voleva uccidere Cosentino, è evidente che l’ex deputato non potesse avere rapporti col clan dei Casalesi, dimostrata anche dal non rispondere alla ‘semplice’ indicazione del nome di un legale.

Sempre ieri sono state depositate anche le motivazioni dell’assoluzione in Appello nel processo come “Il Principe e la scheda ballerina”: l’accusa era quella di favorito il reimpiego di capitali illeciti attraverso l’interesse del clan dei Casalesi al progetto di un centro commerciale, “Il Principe”, che poi non si è mai realizzato.

“Emergono plurimi profili di perplessità sull’esistenza di riscontri con riguardo alle dichiarazioni rese a carico di Cosentino”, scrivono i giudici analizzando i racconti sempre del collaboratore di giustizia Nicola Schiavone, in particolare i passaggi in cui il collaboratore racconta di aver saputo che il referente politico per l’operazione del centro commerciale sarebbe stato Cosentino e che quando ci furono difficoltà con la banca per l’erogazione del finanziamento fu egli stesso, Schiavone, a far chiedere a Cosentino di intervenire presso la banca e ottenere il finanziamento.

 

 

 

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.