Von der Leyen e l’accordo segreto con la destra, Ricci avverte: “Se cambi alleanze salta tutta la Commissione”

MATTEO RICCI POLITICO

Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro e da qualche settimana eurodeputato dem, del gruppo S&D è già una colonna.

L’elezione di Donald Trump in America indica ai democratici europei ed italiani uno spostamento generale del consenso sul quale è utile, e forse urgente, interrogarsi.
«Storicamente, quando l’Occidente è attraversato da paure incontrollate, i democratici non riescono ad imporsi, nel voto. È quel che è accaduto con l’elezione di Donald Trump: in un Paese sconvolto da timori passa il messaggio populista e di estrema destra. Trump ha saputo intercettare e incarnare questi timori, assecondandoli e proponendosi come uomo forte di protezione, in grado di rendere gli Stati Uniti di nuovo un grande Paese, come recita il suo slogan. Al contrario, i dem, capeggiati da Kamala Harris, la cui candidatura è stata tardiva, non sono riusciti a rilanciare una speranza come fece Obama. Se i democratici non sanno indicare un sogno, una visione per il futuro ai loro elettori, non vincono. Né tantomeno è possibile vincere proponendosi soltanto “contro” qualcuno. È necessario e urgente essere propositivi. E questo vale tanto al di là dell’Oceano, quanto in casa nostra».

Cosa accadrà adesso per la votazione dei Commissari? Si voterà la settimana prossima?
«Al momento la votazione è a data da destinarsi. Ma è plausibile che avvenga nell’arco di una settimana.Il gruppo dei Socialisti & Democratici, cui appartengo, ha chiesto di essere coerenti con il programma e l’alleanza europeista. La von der Lien non può fare la furba in un momento così delicato per l’ Europa e gli equilibri mondiali. Non può fare entrare nei fatti in alleanza i sovranisti e i nei Trumpiani. E’ una questione politica non sui nomi. Se cambia l’alleanza cambia anche il programma e allora si rischia davvero lo stallo. Il problema lo hanno creato i Popolari che anche oggi in aula hanno diviso la maggioranza Ursula sul tema della riforestazione, votando con l’estrema destre».

Il Pd ha avuto un atteggiamento ondivago. Da cosa nasce il tentennamento su Fitto?
«Il Partito Democratico, entro il gruppo dei Socialisti & Democratici, ha contribuito a creare una maggioranza europeista. Questo è il perimetro nel quale siamo e resteremo: quello dell’europeismo. Ursula von der Leyen si è presentata a noi con un programma europeista, che rientrava nel perimetro dei nostri valori, obiettivi e programmi per il futuro dell’Unione. Pertanto, abbiamo deciso di sostenere quel programma. Dopodiché, così come è naturale, essendo l’Italia uno dei Paesi fondatori, si è posto il tema del commissario espressione del nostro Paese. In quel momento, Giorgia Meloni avrebbe potuto indicare un commissario proveniente dalle fila di Forza Italia (Partito popolare europeo) che è in maggioranza. E non, così come ha fatto, un membro del suo partito (Conservatori) che sono fuori dal perimetro europeista concordato. Ecco chi è davvero in contraddizione, chi davvero ha creato un nodo politico: Giorgia Meloni ha avuto un atteggiamento contraddittorio, indicando un esponente del suo partito – che in Europa fa capo ai conservatori, coloro che non avevano appoggiato il programma europeista di von der Leyen – come commissario. Un problema creato dai conservatori e non dal povero Fitto, che, anzi, ha tenuto anche un’audizione discreta: il problema vero è la vicepresidenza esecutiva attribuita a un rappresentante di Ecr, dei Conservatori europei. Meloni la smetta col vittimismo, sapeva che il nodo sarebbe arrivato al pettine».

Von der Leyen rischia? Quale potrebbe essere l’alternativa?
«La situazione è molto seria e credo sia il primo effetto dell’elezione di Donald Trump, che come stiamo vedendo si ripercuote anche sul dibattito europeo. Fino a qualche settimana fa, sembrava che il PPE avesse fatto una scelta chiara, sull’europeismo, escludendo le estreme destre. Ma nelle ultime settimane, poi negli ultimi giorni e finanche nelle ultimissime ore – con gli emendamenti del PPE sul tema della deforestazione, passati grazie ai voti dell’estrema destra – abbiamo assistito a tante prove di una apertura programmatica nei confronti dell’estrema destra».

A cosa stiamo assistendo? Al PPE che strizza l’occhio alla destra?
«Sarebbe qualcosa che noi democratici non possiamo accettare. Se Ursula von der Leyen vuol cambiare programma e alleanze, cambia tutto. Noi abbiamo votato un programma europeista, con dei punti ben chiari – l’accelerazione della transizione ecologica, il sostegno ad un Piano straordinario di investimenti, così come proposto da Mario Draghi, la riforma del diritto di veto ai singoli Stati: su questi punti i conservatori non sono d’accordo, dunque non è pensabile allargare la maggioranza a chi non ha votato questo programma. Questo è il nodo da sciogliere, un nodo politico e programmatico: se Ursula Von der Leyen vuol cambiare programma e alleanze, cambia tutto».