La questione relativa al sì o al no alla riduzione del numero dei parlamentari, oggetto del referendum in programma domenica e lunedì prossimi, ha assunto connotati politici che non aiutano ad avere le idee chiare sugli effetti che una scelta o l’altra è in grado di produrre. La politica ha vissuto, negli ultimi anni, una sorta di derubricazione divenendo quasi un fenomeno di costume. Ed è proprio in questa delegittimazione del valore della polis che dobbiamo orientare la nostra visione. I sostenitori del sì ritengono che la politica attuale non sia rappresentativa e che, pertanto, il taglio dei parlamentari non avrà ripercussioni reali sulla rappresentanza dei cittadini. Da imprenditore del Sud, tuttavia, ritengo che, in caso di vittoria del sì, l’area centro-meridionale del Paese sarà ulteriormente penalizzato visto che ad oggi la densità della popolazione è tra i parametri in base ai quali si assegnano i seggi.

Una Camera e un Senato più piccoli sottrarranno potere di rappresentanza al Sud. Un esempio chiaro è quello della Sardegna che finirebbe per avere un senatore ogni 328mila abitanti quando invece il Trentino-Alto Adige ne avrebbe uno ogni 170mila. Ma il discorso è probabilmente ancora più ampio. Un taglio della rappresentanza appare un grande regalo alle lobby economiche del nostro Paese che dati storici oramai consolidati evidenziano essere espressione del Centro-Nord. E allora il rischio reale è quello di un vero e proprio trasferimento del potere decisionale dalla politica alla finanza, dai territori ai grandi player in grado di influenzare ancor di più la politica nazionale.

Ed ecco che il discorso ritorna ancora una volta sul tema del valore della rappresentanza, sulla difesa delle libertà e delle classi sociali più povere che potrebbero perdere gran parte della propria tutela. Ritorna centrale il tema del futuro del nostro Paese, sempre più vittima dei sondaggi e incapace di immaginare, in un momento di crisi come quello attuale, la possibilità di una svolta storica, con la Politica grande protagonista di un New Deal che deve consolidarne il valore e non certo sminuirlo. Il sì è una bocciatura del sistema partitico, può rappresentare la “messa in stato di accusa” di un sistema che continua a specchiarsi nello stagno senza comprendere come i tempi richiedano invece determinazione, capacità decisionale e soprattutto dialogo. Mettere oggi in discussione la rappresentanza significa dare l’ennesima spallata alla storia del nostro Paese nella fretta di archiviare alcuni passaggi di quella che è stata definita la Costituzione più bella del mondo, in maniera senza ombra di dubbio grossolana.

Proviamo, infine, a utilizzare un criterio meramente logico: la rappresentanza non è un problema di quantità. Non è un numero maggiore o inferiore di deputati che incide sulla qualità del rispetto del mandato elettorale. Tuttavia in assenza di una riforma complessiva dell’assetto istituzionale, non si comprende quali possano essere i vantaggi di un taglio dei parlamentari se non quello di una macro-operazione populista pronta a offrire la testa di qualcuno al popolo indignato e stanco dei soprusi perpetrati dai cosiddetti “potenti”. Per tutte queste ragioni ritengo che il no sia la scelta più adeguata, in attesa proprio di una riforma generale del nostro sistema che sia in grado di premiare la qualità della rappresentanza e di penalizzare il mancato rispetto del mandato elettorale. Ritengo che le premesse attuali non possano che indurre l’elettore votare no a un’iniziativa che non a caso vede i partiti divisi proprio perché controversa e assolutamente illogica. Credo che soprattutto i giovani debbano sostenere il no per dare un segnale concreto alla politica: il tempo delle rappresentazioni folkloristiche è cambiato.

Le nuove generazioni pretendono impegno, attenzione, programmazione, qualità della rappresentanza, visione internazionale, rilancio di tutte quelle che sono le potenzialità del nostro Paese e del Sud. La sensazione è quella di partecipare a un grande show televisivo caratterizzato da contrapposizioni di facciata, assolutamente prive di reale sostanza che ancora una volta rallentano il Paese. Come imprenditore, di contro, non posso che auspicare una crescita del sistema: voglio essere rappresentato nel migliore dei modi, come la storia del nostro Paese insegna e senza alcuna deriva populista. Dico no a tutto ciò che non è concreto. Dico no al delegittimazione della Politica.