Nel “Si&No” del Riformista spazio alla proposta del Ministro Valditara, che chiede che il voto in condotta influenzi la promozione (o la bocciatura) e pesi nell’ammissione alla maturità. È giusta o no la proposta? Favorevole Matilde Siracusano, Sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento. Contraria Elena De Rossi, Psicologa dell’età evolutiva.

Qui il commento di Matilde Siracusano.

Il Ministro Valditara ha ragione, e perdere tempo su un dibattito tanto ovvio da essere lapalissiano è lunare. La condotta a scuola deve contare nella valutazione di maturità di un adolescente che con quell’esame si consegna al mondo adulto, se non, addirittura, a quello del lavoro? Direi proprio di sì. La maturità oggetto dell’esame si compone della dimostrazione del proprio bagaglio tecnico-nozionistico, ma anche della dimostrazione di aver conseguito, o meno, rispetto dell’autorità (i professori), e dell’altro (i propri compagni); cioè di tutte le componenti che a scuola riflettono le monadi della società che i ragazzi, a esame fatto, iniziano a frequentare da adulti.
Tutte circostanze che la cronaca diffusa di questi ultimi anni illustrano come affatto scontate, purtroppo.

Ci siamo chiesti tutti, voi del Riformista in primis, in queste settimane: cosa deve accadere perché vengano bocciati con un sacrosanto sette in condotta due ragazzi come gli alunni che a ottobre scorso avevano sparato dei pallini al volto alla professoressa durante la lezione di Scienze, a Rovigo, filmandola e deridendola sui social?

Cosa ci dice il fatto che ad Abbiategrasso un alunno tenti di accoltellare la sua professoressa, che altri non è che una missionaria appassionata al suo futuro, oltre che il suo privilegiato strumento di emancipazione, che la maturità fa coincidere con l’ingresso nella vita sociale e civile?
In politica si pensa al domani perché’ nei giovani si crede, e si vuol dare loro strumenti adeguati a fare dell’Italia un posto migliore di quanto non lo sia oggi. È per questo che mentre noi adulti studiamo opportunità per i giovani, da loro pretendiamo responsabilità.
Devono sapere che ogni loro comportamento comporta conseguenze che è da persone mature affrontare, di cui si deve rispondere. Cosi, solo cosi, si cresce. E solo cosi ci si mette in condizione di poter cogliere pienamente le opportunità che la vita ci porge.
La scuola deve tornare ad essere presidio imprescindibile di educazione al rispetto.

Oggi mi pare evidente non sia così. Oggi è più teatro di manifestazione di difetti educativi, che l’istituzione scolastica deve correggere, se necessario, nell’interesse dell’alunno, del suo futuro, e dell’Italia tutta, se mi si consente.

Se si aderisce a questa concezione della scuola, come luogo eletto, deputato a formare gli italiani di domani, e non solo sul fronte nozionistico, non si può non essere d’accordo con la proposta del Ministro. La cantera della nuova Italia richiede educazione anche alla civiltà. E oltre allo sdegno per il fatto che due ragazzi come quelli di Rovigo, promossi malgrado quell’episodio, beneficino di tanto lassismo, sarebbe il caso di chiederci: ma un maturando è da considerarsi maturo, se oltre alla preparazione non ha acquisito un bagaglio di rispettosa socialità? Gli basterà il talento che ha, o servirà che sappia anche comportarsi riconoscendo ruoli e funzioni altrui, e relativi conseguenti limiti alla sua agibilità?

Preparazione, impegno e talento devono poter determinare il destino di ognuno di noi, ma corredati di un assunto in più: ogni azione deve comportare relativa e conseguente assunzione di responsabilità. Meglio che i ragazzi lo capiscano a scuola, prima che la vita si faccia carico di spiegarglielo. Allora sarebbe troppo tardi…

Matilde Siracusano

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