Nel mosaico del Medioriente, il piccolo Libano è sempre stato il paese più fragile e dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre e la risposta dell’esercito israeliano, il rischio che Beirut venga coinvolto nel conflitto resta molto alto. Schiacciato fra Israele a sud e l’ingombrante presenza della Siria ad est e a nord, il Libano ha subito una lunghissima guerra civile che si è trascinata dal 1975 al 1990, distruggendo il paese affacciato sulla costa del Mediterraneo. Dopo anni di incertezza era iniziata una certa ripresa economica, ma oggi l’economia libanese è vicina al collasso ed il governo appare debole e frammentato.

Il sud dello stato mediorientale è controllato dai miliziani di Hezbollah, guidati dal leader Hassan Nasrallah, un potente gruppo sciita che risponde direttamente all’Iran. In Libano convivono da secoli musulmani sciiti, musulmani sunniti, cristiani maroniti e drusi, un gruppo etno-religioso musulmano di circa 300.000 persone che rappresenta il 7% della popolazione libanese. Per i complessi equilibri della politica di Beirut, ai drusi spetta la carica di capo di stato maggiore nell’esercito nazionale. Nella lunga guerra civile i drusi si schierarono dalla parte dei palestinesi insieme alle forze musulmane, scontrandosi duramente con le falangi cristiano-maronite. A capo della comunità drusa e soprattutto del Partito Socialista Progressista dal 1977 e fino al maggio scorso c’è stato Walid Jumblatt, subentrato dopo l’assassinio del padre da parte dei sicari del presidente siriano Hafez al- Assad.

Walid Jumblatt si è ritirato dalla scena politica libanese, ma resta un personaggio di primo livello. Alla guida del Partito Socialista Progressista è stato eletto il figlio Taymour Jumblatt all’insegna di una forte continuità. “La prima cosa che voglio fare – racconta al Riformista – è esortare la comunità druso-israeliana a non partecipare alle ostilità nei territori palestinesi, anche se la nostra comunità da sempre presta servizio militare nell’esercito di Israele. La storia va avanti e io sono certo che arriverà il giorno in cui la Palestina tornerà ai suoi proprietari arabi”.

Parole forti quelle del leader druso che è ancora molto ascoltato nel suo paese. “Temo che il Libano non potrà scappare da questo conflitto rischiando di diventare il secondo fronte. Manca una vera leadership globale che possa disinnescare la situazione ed io credo che la responsabilità sia di Washington che ha trascurato le necessità del popolo palestinese. Consiglio agli statunitensi di ritirare le navi dal Mediterraneo orientale, sono soltanto elemento di instabilità. Gli Usa, Israele e l’Iran sono i grandi attori che possono gestire questa situazione.” Ad oggi in Libano gli scontri si sono limitati ad obiettivi militari, quelli che il vecchio leader chiama regole del gioco, ma tutto può degenerare. “Ripeto, mancano i leader come l’ex segretario di stato americano James Baker o gli europei Jacques Chirac ed Angela Merkel. Il Libano è abbandonato a se stesso e noi siamo spettatori di una catastrofe che potrebbe distruggerci. L’errore è considerare gli arabi dei terroristi invece che degli interlocutori. Se qualcuno me lo chiedesse suggerirei un cessate il fuoco, l’invio di aiuti umanitari ed il rilascio degli ostaggi civili. Cercare di distruggere Hamas non porterà da nessuna parte”.

Walid Jumblatt è da sempre un sostenitore della causa palestinese ed è stato amico personale di Yasser Arafat. “Bisogna tornare alla soluzione della creazione dei due stati, servono passi indietro e tornare al tavolo della trattativa. Mi fanno sorridere gli sforzi di Egitto e Turchia, sono non-giocatori o al massimo delle comparse. Qui decidono solo gli Stati Uniti, Israele e l’Iran, ma temo che Washington in questo momento non riesca a frenare Israele. Tel Aviv ha tutta l’intenzione di annettere la parte settentrionale della Striscia di Gaza e a quel punto potremo solo stare a guardare la reazione di Teheran e del suo braccio libanese di Hezbollah.”

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi