Salute
Walter Ricciardi, il truce alfiere del distanziamento sociale anti Covid: gli esempi passati alla storia
Dal punto di vista delle scelte sociali è impraticabile sostenere che tale scelta produca soltanto dei benefici senza avere costi in qualche altro ambito
È difficile trovare un argomento che crei più aspri contrasti e polarizzi gli animi di quanto faccia la pandemia del Covid 19: in particolare, in tutti i paesi del mondo, o perlomeno nelle democrazie liberali, il dibattito – anche con toni e mezzi feroci – si è incentrato su quali fossero le strategie più adatte per limitare morti ed ospedalizzazioni, e nel contempo minimizzare i danni alla vita economica e sociale. Personalmente, all’interno di questo dibattito ritengo che non sempre si sia prestata sufficiente attenzione alle caratteristiche specifiche dei diversi gruppi sociali, a partire dal tasso di mortalità estremamente più elevato per gli anziani e i fragili, e dalle problematiche sociali fortemente più rilevanti per bambini e ragazzi. Tra i truci alfieri di un approccio visceralmente favorevole al distanziamento sociale generalizzato, cioè a lockdown, restrizioni, didattica a distanza, mascherine quasi ovunque eccetera, truci alfieri che -citando il Predicatore del Settimo Sigillo di Ingmar Bergman- definivo “moriremo tutti”, militavano e militano l’ex ministro della salute Roberto Speranza e Walter Ricciardi, già presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, consigliere scientifico del ministro Speranza per l’emergenza Covid e responsabile delle politiche sanitarie per il partito Azione capitanato da Carlo Calenda.
Intendiamoci: è perfettamente lecito sostenere e seguire tale approccio, sulla base del ragionamento secondo cui bisognava minimizzare “senza se e senza ma” i contagi durante la pandemia, al fine di evitare il collasso dei reparti di terapia intensiva e ridurre al minimo i decessi. Tuttavia, dal punto di vista delle scelte sociali è impraticabile sostenere che tale scelta produca soltanto dei benefici senza avere costi in qualche altro ambito, dal trascurare la prevenzione e la cura di patologie gravi come quelle cardiovascolari ed oncologiche, all’aumentare la probabilità di disagi nevrotici e psicotici per persone maggiormente predisposte (oppure eravamo tutti predisposti?), di colpire pesantemente il reddito e l’occupazione di vasti strati della popolazione, all’uccidere la socialità di chi ha più bisogno di impararla, cioè bambini e ragazzi.
Si tenga altresì presente che i #MoriremoTutti hanno sovente mostrato una tale avversione al rischio, un tale pessimismo sul rischio dei contagi dal finire per delegittimare pesantemente i vaccini stessi, che certamente hanno dato un contributo fondamentale -insieme con l’immunità acquisita dopo la malattia- a farci uscire finalmente dall’emergenza della pandemia. In che modo è avvenuta questa delegittimazione? Banalmente sostenendo -come esemplificato dal terrificante retroscena di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera del 21 dicembre 2021- che anche i vaccinati avrebbero dovuto farsi i tamponi prima di andare al ristorante o al cinema, oppure prima di visitare amici e parenti per le feste. E non si trattava ovviamente di editorialisti che fornivano la propria opinione personale dal quotidiano più venduto in Italia, ma delle sue giornaliste di punta che cercavano di anticipare il contenuto delle decisioni del governo Draghi (nella famigerata forma dei DPCM) per il periodo delle feste natalizie. Tenuto altresì conto dell’obbligo di green pass per scuola e lavoro, se ne ricavava il messaggio tremendamente contraddittorio secondo cui la vaccinazione non era sufficiente per una socialità tranquilla dei cittadini.
Tornando ai truci alfieri di cui sopra, va rammentato che nel gennaio 2022 Walter Ricciardi proponeva di reintrodurre la didattica a distanza per una o due settimane, al fine di minimizzare l’impatto della variante Omicron del Covid. Fortunatamente il governo Draghi decise diversamente, ma l’orientamento di Ricciardi e del partito Azione era quello, probabilmente più chiusurista dello stesso ministro Speranza. Sporadico eccesso di prudenza? Non direi: quando nel marzo 2022 il governo Draghi decideva la tabella di marcia per l’eliminazione dell’obbligo di mascherine in luoghi chiusi, Ricciardi avvertiva del rischio di un picco dei contagi nell’estate, peraltro dimostrando una curiosa noncuranza per l’evidente stagionalità della pandemia stessa.
Ma io amo gli aneddoti icastici: come nel caso di Giuseppe Conte è difficile dimenticarsi del suo comizio con mascherina al tavolino davanti a Palazzo Chigi dopo essere stato finalmente sostituito da Mario Draghi, nel caso di Walter Ricciardi è altrettanto arduo cancellare il ricordo della sua dichiarazione nella neutralissima trasmissione “Che Tempo Che Fa” presentata da Fabio Fazio, quando si ragionava sui rischi di contagio da Covid in caso di pranzo o cena al ristorante: Walter Ricciardi rinnovò il famoso -e peraltro falso- “che mangino brioche” rivolto da Regina Maria Antonietta ai rivoltosi affamati di pane rimarcando il fatto che lui comunque cenava “in una saletta un po’ riservata”. Testualmente: “guardi le faccio un esempio. Domenica scorsa sono stato al ristorante […] io avevo chiesto una saletta un po’ riservata ed effettivamente la distanza era tanta, ma nella sala principale del ristorante se ci fosse stato anche un solo super-diffusore di variante inglese si sarebbero contaminati tutti.” Fazio annuiva. Chissà se anche i telespettatori chiusi in casa facevano altrettanto.
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