Una sponda a Bruxelles
Weber in missione a Roma, Meloni scommette sul “tedesco buono”: il capitolo Fitto e i conti della ‘serva’
Il capogruppo del Ppe vede Fitto, Giorgia e Tajani: cerca rassicurazioni sulle decisioni del governo italiano Invece la premier ha bisogno di una spalla in Europa, per ottenere un minimo di flessibilità sulla manovra
Un po’ commissario ad acta (che grana tenere costantemente monitorati gli “italiani”), un po’ consulente di parte, della serie: Manfred dacci una mano tu con “quella”. Come nell’antico adagio su Maometto e la montagna, giornata romana per Weber, il potente capogruppo Ppe, impegnato in una ricognizione ad ampio spettro tra i palazzi romani del centrodestra. Nel giro di poche ore, il “consulente” ha incontrato prima il ministro Raffaelle Fitto, commissario europeo in pectore (domani il Consiglio dei ministri per la conferma), poi a Palazzo Chigi per un’ora e mezza la presidente del Consiglio; infine cena con Antonio Tajani, che con Forza Italia è la sponda italiana dei popolari. Una visita necessaria da ambo le parti: il presidente degli eurodeputati popolari cercava rassicurazioni sulle decisioni in essere del governo italiano; Giorgia Meloni invece voleva affidargli i suoi “cahiers de doléances”.
Capitolo Fitto
Ma andiamo con ordine: capitolo Fitto. A Bruxelles sono state settimane di tensione con Roma, il continuo gioco al rialzo della destra non è piaciuto, come non sono piaciute le carte coperte della premier. Una sorta di Carosello al contrario: “Se tu non dai una cosa a me, io poi non do una cosa a te”. La tensione è nota: peso e sostanza della delega all’Italia (a meno di cambiamenti dell’ultima ora il portafoglio dovrebbe essere quello della Coesione e Bilancio), con il necessario “cadeau” della vicepresidenza esecutiva. Comunque il match con Bruxelles finirà almeno con un pareggio, assicura Manfred, che per sicurezza comunque ha tenuto ad ascoltare anche la versione di Fitto. Poi il lungo incontro con Giorgia Meloni, tornata il giorno prima dalle vacanze. Un mini vertice che serve ad entrambi; al popolare per essere informato e informarsi, a Giorgia per chiedere una mano ad un amico.
I conti della “serva”
E gli amici, anche in Europa, si vedono quando il gioco si fa duro. È finito il tempo delle spericolatezze, degli equilibrismi per tenere affiancati Matteo Salvini e Viktor Orbán, ora ci sono da raccogliere i “cocci”. Il presidente popolare può essere utile, anzi utilissimo: per questo è opportuno metterlo al corrente di quelli che volgarmente si definirebbero i conti della “serva”. Ovvero un minimo di flessibilità sulla manovra in arrivo, tenendo anche conto che è scattata la tagliola per il deficit eccessivo (una procedura che si farà sentire fino al 2031). Una lista nera in cui siamo in buona compagnia, insieme a Belgio, Francia, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia. Alla presidente del Consiglio serve maledettamente una sponda tra i popolari. Chi meglio di Manfred? Il 52enne politico bavarese che, nel tentativo fallito di scalzare Ursula von der Leyen, avviò un’interlocuzione proprio con Giorgia Meloni sperando di scardinare la maggioranza popolare, socialista e liberale e aprirla ad altri innesti. Per dire che il rapporto con la leader di Fratelli d’Italia è di quelli fidati.
Weber “tedesco buono”
Così Weber è diventato il “tedesco buono”, una “confidenza” che fa comodo anche a lui, che a Bruxelles si è caricato anche il peso di essere l’avvocato difensore degli italiani. Una mediazione che guarda al futuro, chissà, non si sa mai. Giorgia ha paura perché, superato in qualche modo lo scoglio della Commissione, teme di essere tenuta nell’angolo. Che le decisioni sconsiderate di luglio (il voto contrario dei conservatori al Parlamento europeo) alla lunga presentino un prezzo oneroso, che la tenaglia franco tedesca ottenga il risultato di rinchiuderla nel recinto con Viktor Orbán e Matteo Salvini. E dire che il recinto lo ha scelto lei, ma ora forse si rende conto dell’avventatezza di quei giorni. La morale è che la premier ha bisogno di spalle a cui appoggiarsi, come quelle di Antonio Tajani e di Manfred Weber per l’appunto.
Le bozze del ministro Giorgetti disegnano una manovra pesante (la prima dell’era Meloni): per questo Giorgia ha cambiato le sue priorità a Bruxelles. È tempo di scendere dalle barricate, e di invocare la clemenza. Basta con le “ciance”.
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