Incontro col regista
Wes Anderson presenta French Dispatch: “Ispirato a L’oro di Napoli”
Era tra i film che il Festival di Cannes avrebbe dovuto sfoggiare in quel funesto 2020 che ha visto cancellare tutte le più grandi manifestazioni di cinema e ora, dopo l’anteprima al Festival della croisette in questo incerto 2021, The French Dispatch è approdato finalmente nelle sale italiane con The Walt Disney Company. Per l’occasione, il suo regista, Wes Anderson, uno dei più distinguibili e iconici registi americani è atterrato a Milano, alla Fondazione Prada, concedendosi in un brevissimo ma intenso incontro sul suo film con la stampa italiana. The French Dispatch of the liberty, Kansas Evening Sun, così recita il titolo completo del film, non è altro che una rivista americana che però ha sede nella città francese di Ennui-sur-Blasè. Alla morte del direttore Arthur Howitzer, Jr. (Bill Murray), la redazione si riunisce per scrivere il suo necrologio, ricordandolo con 4 articoli che danno vita a quattro storie in cui si dipana il film, guidate da un cast di redattori-protagonisti-attori d’eccezione, tra cui Owen Wilson, Benicio Del Toro, Adrien Brody, Tilda Swinton, Léa Seydoux, Timothée Chalamet, Frances McDormand e tanti, tantissimi altri che è divertentissimo riconoscere.
Come ogni regista visionario e sognatore che si rispetti, Anderson trova ispirazione nelle passioni di infanzia e adolescenza, in questo caso un’amata rivista: «L’idea nasce dal New Yorker che leggevo quando ero ragazzino e poi ho incominciato a interessarmi a tutta la realtà che stava dietro questa rivista, a studiare e cercare di capire come veniva fatto, che persone vi lavoravano e che personaggi animavano la redazione. La prima cosa che mi ha attirato sono stati quei racconti brevi che sono all’inizio della rivista, che all’epoca erano di fantasia». «Questo film per altro è presentato come un focus sul giornalismo – chiarisce poi – ma in realtà si tratta di storie immaginarie, tratte dal giornalismo».
«È la lettera d’amore in francese di Wes all’internazionalismo, alla cultura e alla sacrosanta arte del giornalismo indipendente» ha detto Tilda Swinton descrivendo il film dell’uomo che le ha regalato numerosi palcoscenici per sfoggiare la sua arte camaleontica. Proprio da questa definizione di questo suo decimo film, Wes Anderson parte per chiarire alcuni punti: «Vorrei precisare che non ho mai definito questo film come una lettera d’amore al giornalismo ma in realtà alla fine del film appaiono i nomi sullo schermo di coloro che hanno ispirato questo mio lavoro. È talmente evidente però per me che ho un debito nei confronti di queste figure che proprio per evitare una potenziale accusa di plagio, io rendo molto evidente la fonte della mia ispirazione, come se facessi una nota a piè di pagina». Il regista di I Tenembaum specifica che «il mio rapporto con il giornalismo, tradizione a cui sono legato soprattutto per quanto riguarda i quotidiani che ogni giorno compro e leggo, nel film si parla di quel tipo di informazione che sta un po’ scomparendo».
Nella storia-episodio “Revisioni a un Manifesto”, la protagonista è la cronista Krementz (Frances McDormand) intenta a seguire un movimento studentesco con a capo l’ingenuo e affascinante Zeffirelli (Timothee Chalamet). In questa occasione, a causa o grazie all’impetuoso coinvolgimento della giornalista nelle richieste dei giovani, Wes Anderson sottolinea, attraverso la McDormand, la mancanza di neutralità giornalistica, presentata come una sorta di mito da sfatare. Una critica al giornalismo di oggi? «Sappiamo che c’è una lunga tradizione di editori che volevano creare false notizie per aumentare le vendite ma la mia storia cerca di evidenziare il ruolo di un direttore di una testata che invece è impegnato ad assicurarsi che la pubblicazione rappresenti in maniera giusta la realtà, credendo e facendo rispettare delle norme per i giornalisti e creando un senso di appartenenza ad una squadra. Chiaro che oggi le informazioni vengono comunicate spesso senza che vi sia una forma di mediazione e ciò significa che escono notizie che in realtà non hanno fondamento. Io preferisco come era in passato, come potete immaginare». Dopo aver girato a Cinecittà il suo quarto film, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Wes Anderson non perde occasione per ribadire il suo amore per l’Italia e il suo cinema anche quando, come in questo caso, si parla di un film quasi del tutto francese: «Sì, questo è un film francese però l’ispirazione nasce da un film italiano, L’oro di Napoli, di Vittorio De Sica». «Ho deciso che volevo fare qualcosa di simile, un film che raccoglie storie diverse, tradizione molto italiana, una forma di antologia che troviamo anche in Fellini, Pasolini e Visconti. Ogni volta che mi metto a pensare a un progetto cerco di trovare un modo per tornare a Cinecittà e fare un film a Roma, ma sono sicuro che troverò la soluzione.
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