La decisione finale arriverà giovedì, giorno dell’ultimo incontro tra le parti sociali fissato dal Ministero dello Sviluppo economico. Sul futuro dello stabilimento Whirlpool di via Argine e degli oltre 300 dipendenti che rischiano di perdere il posto di lavoro, però, si addensano nubi fosche. Se da un lato Invitalia si è detta pronta a investire nel progetto di reindustrializzazione del sito, dall’altro la multinazionale americana non intende fare passi indietro sulla data del 15 ottobre, giorno in cui scatteranno i licenziamenti. Un muro contro muro che rischia di compromettere definitivamente il futuro non solo di centinaia di famiglie, ma anche di quella zona orientale di Napoli che negli anni è stata protagonista di un drammatico processo di deindustrializzazione.

Ieri, nel secondo incontro nella sede del Mise, Invitalia si è dichiarata disposta a investire nella fabbrica a patto che ci sia una cessione d’azienda e non di singoli asset. La notizia è sostanzialmente positiva perché l’impegno dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti dovrebbe rafforzare la prospettiva di una reindustrializzazione del sito. Il piano, infatti, prevede la costituzione di un consorzio nel quale sarebbero pronte a fare ingresso sette aziende attive nel settore dell’automotive che, investendo una somma vicina ai 90 milioni, farebbero ripartire la produzione nella fabbrica di via Argine riassorbendo così l’intera forza lavoro disponibile e garantendo «unicità di trattamento e di assunzioni», come reclamano i sindacati, a tutti gli operai.

Il problema sta nell’atteggiamento della Whirlpool che non vuole saperne di attendere anche un solo giorno in più ed è pronta a perfezionare il licenziamento dei lavoratori napoletani. La deadline è venerdì prossimo, ma per quella data è praticamente impossibile che il consorzio investitore venga costituito e il contratto di cessione della fabbrica perfezionato. Insomma, non bastano la disponibilità di alcuni grandi imprenditori italiani – i cui nomi restano top secret – e l’impegno di Invitalia: se la Whirlpool sceglierà di non concedere ulteriori moratorie e di procedere con i licenziamenti a partire da venerdì, il futuro degli operai, delle loro famiglie e di Napoli Est sarà irrimediabilmente segnato.

Ecco perché i sindacati Fim, Fiom e Uilm sono in pressing sia sulla multinazionale americana, alla quale chiedono di «recedere dall’odioso proposito di procedere con i licenziamenti» oltre che di «concedere il tempo necessario al confronto», sia sul Governo, chiamato mantenere l’impegno preciso a costituire il consorzio, a illustrare il piano industriale, a far entrare Invitalia senza se e senza ma, nonché a fissare un tempo entro cui tutto ciò possa avvenire».
Le prospettive non sembrano positive, ma la speranza di trovare una soluzione entro venerdì prossimo, per quanto flebile, c’è. Sulla vicenda la politica locale e nazionale si gioca buona parte della propria credibilità.

Dopo anni di promesse, gli operai attendono una soluzione che metta in sicurezza i loro posti di lavoro. E ad attenderla è anche Napoli Est che, nel corso degli ultimi decenni, ha assistito alla progressiva “fuga” o alla chiusura di tutte le imprese che vi erano insediate: un “disarmo” che, in mancanza di una strategia valida, rischia di condannare una volta per tutte l’area a un futuro di povertà, disperazione e degrado sociale.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.