La richiesta
Zaia fa teatro sull’autonomia differenziata, chi stringerebbe patti col Veneto?
Il governatore del Veneto chiede di riaprire il tavolo della trattativa con l’esecutivo e ipotizza il gemellaggio con una Regione del Sud, ma è solo una mossa ruffiana: la strada è tutta in salita
Qualche dubbio viene. In Veneto arriva la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana? Quella, per intenderci, dove sono pubblicate le leggi che tutti – anche la Regione Veneto – devono rispettare. Il dubbio viene perché il presidente di quella Regione – con gran clamore – ha dichiarato che bisogna immediatamente riaprire il tavolo del confronto e della trattativa con il governo per concludere il percorso già iniziato (qualche anno fa) per riconoscere alla Regione nuove competenze e nuovi poteri. L’autonomia differenziata, insomma. Peccato, però, che vi sia un articolo nella nuova legge – quella che Salvini dice essere la sua vera vittoria – che prevede che gli atti di iniziativa delle Regioni già presentate al governo prima della sua entrata in vigore sono “esaminati secondo quanto previsto dalle disposizioni della presente legge”. Tradotto: per le precedenti iniziative, palla al centro e si comincia di nuovo.
Altre regole
È inutile, dunque, richiamare quello che è stato fatto in passato perché le regole sono ormai altre ed è a queste regole che bisogna attenersi. Se non arriva la Gazzetta Ufficiale in Veneto sarebbe opportuno che Salvini e Zaia – che forse non si amano – almeno parlassero tra loro. L’iniziativa del presidente Zaia è dunque purissimo teatro. Come forse è altrettanto purissimo teatro la stessa legge sull’autonomia differenziata. Ho già avuto modo di spiegare come la sua attuazione sia – credo – davvero impossibile. La richiesta per attivarla deve passare dai Comuni – e non tutti saranno d’accordo e soprattutto non saranno forse d’accordo i Comuni maggiori. Deve poi passare in un complicatissimo tourbillon di pareri e, soprattutto, deve successivamente andare in Parlamento per l’approvazione, dove non sarà facile far rispettare la disciplina di partito nell’approvare qualcosa che – almeno all’apparenza – sembra favorire una parte del paese a scapito di altre.
Attivare la nuova legge
La richiesta del gemellaggio con una Regione del Sud fatta dal presidente veneto mi sembra solo un po’ ruffiana, ma soprattutto difficile da realizzare. Ve lo immaginate il presidente della Calabria o quello della Basilicata – per restare alle Regioni amiche – che stringono un patto con il Veneto e si presentano poi ai propri elettori? Non credo possano sopravvivere. Anche perché per attuare la nuova legge bisogna obbligatoriamente prima determinare i Livelli minimi delle prestazioni – i famigerati LEP – che vanno finanziati e per i quali (non vi sono santi che tengono) mancano i soldi che potrebbero essere trovati – ma dubito – solo con le risorse delle Regioni più ricche. Se a queste però quelle risorse si sottraggono, con cosa si fa l’autonomia differenziata che va fatta – lo dice la legge – nell’invarianza degli equilibri di Bilancio? I decreti che approvano i LEP dovrebbero essere peraltro emanati da un governo che è in arretrato di circa l’80% dei provvedimenti attuativi che dovrebbe adottare. Ciliegina sulla torta: vanno convocati i sindacati che devono approvare il trasferimento del personale. Ve li immaginate i sindacati che dicono sì al trasferimento degli insegnanti dallo Stato – con tutto il rispetto, ma è il primo che mi viene in mente – al Comune di Abbiategrasso?
L’iniziativa di sei anni fa
C’è un’ulteriore prova che si tratta di puro teatro, peraltro il peggiore, quello ideologico. La richiesta di cui parla il presidente del Veneto, che vorrebbe oggi riattivare, è un’iniziativa che è iniziata il 28 febbraio 2018. Sì, leggete bene: oltre sei anni fa. Anche allora grande clamore, scudi che si levavano, bandiere, da una parte e dall’altra, che sventolavano, schiere di autorevoli commentari che ne discutevano. Alzi la mano chi sa che fine ha fatto – ad oggi – quella proposta e quel percorso. Persa in qualche meandro di un qualche ministero o di qualche ufficio parlamentare. Si sa che quando finisce il teatro la gente va a casa, mica può restare sempre in platea. Ecco, forse ci vorrebbe che qualcuno resti in platea, nelle stanze, cioè, in cui si discute davvero di autonomia e lo si faccia senza bandiere, ma con lo spirito di capire come si può incidere su un’amministrazione che per mettere due pale eoliche – è esperienza vissuta – debba convocare oltre trenta enti diversi tra cui la Marina Militare. Dimenticavo: le pale dovevano essere collocate vicino Potenza, località nota soprattutto per il suo lungomare. Intendiamoci: le bandiere sono importanti, ma divengono un problema quando si mettono davanti agli occhi.
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