Il governatore dopo rifiuto turisti israeliani
Zaia: “Vorrei candidare Venezia per una stretta di mano tra Israele e Palestina. Il Veneto non è l’albergatore di Selva di Cadore”
Il presidente contro chi respinge turisti per ideologia. “Avanti sull’autonomia differenziata, la Consulta ci ha dato ragione”
Degli israeliani non accolti dalla struttura nel bellunese parliamo con il governatore della Regione Veneto, il leghista Luca Zaia. Gli chiediamo di commentare la notizia andata sui telegiornali di Israele.
«In Veneto non esiste in nessun ambito che ci sia distinzione tra colore della pelle, gruppo etnico, religione o scelta sentimentale. Il turismo è ospitalità. Si basa sulla capacità di far sentire tutti benaccolti e rispettati. Chi eroga offerte turistiche deve sapere che questo è il mantra. Deve essere dogmatico. Quando si arriva a dire “tu sì, tu no”, non ci siamo più. E noi siamo la prima regione turistica d’Italia: abbiamo l’obbligo e l’onore di indicare la via. In Veneto sono stranieri il 66% dei 73 milioni di turisti che accogliamo ogni anno. Quindi è rilevante quello che facciamo: chi rappresenta il sistema turistico qui fa parte di un’eccellenza. E al primo posto io metto il rispetto per tutte le culture e la lotta all’antisemitismo».
Porte aperte per tutte le provenienze, quindi?
«Ci mancherebbe, è ovvio. Se ad avere questo trattamento fosse stato un arabo, un palestinese, sarebbe stato identicamente grave. Gli ebrei oggettivamente stanno ricevendo sempre più spesso trattamenti che non esito a definire antisemiti. Punto. Poi se c’è qualcuno che investe da sempre sull’essere incrocio di civiltà e di culture, è il Veneto. Il Ghetto ebraico più antico della storia è a Venezia, qui è nata la parola che lo denomina. Ma avevamo anche il Fondaco dei Turchi, avevamo gli arabi. Avevamo tutti. Tanto è vero che Venezia è stata forte per la sua contaminazione culturale. San Marco è per noi un luogo fortemente simbolico, e dentro San Marco sa cosa c’è? I mosaici bizantini».
E infatti, al di là del turismo, lei dice che il Veneto e Venezia potrebbero essere il luogo ideale per siglare la pace in Medio Oriente…
«Ne sono convinto. Venezia non è solo un paradiso per i turisti, senza nulla togliere ad altre bellissime città, è il biglietto da visita del nostro Paese nel mondo. Se chiediamo ovunque sul pianeta quale città sognano di visitare, la più ricorrente è Venezia. Mille e cento anni di storia hanno fatto di Venezia non solo un grande museo open air ma una città cosmopolita dedicata al dialogo. Ecco perché la vorrei candidare per una stretta di mano tra Israele e Palestina. Mi rendo conto che queste scelte appartengono ai grandi della Terra, per carità. Ma Venezia c’è. E la sintesi della sua storia sta nel dialogo. Non vorrei mai che il Veneto diventasse noto nel mondo perché a Selva di Cadore un albergatore ha pensato di tenere chiuso il suo albergo ad un gruppo di israeliani».
Preoccupato, più in generale, per l’ondata di manifestazioni anche violente contro Israele?
«La guerra fa male a tutti. Tutte le guerre. Ci sono sessanta focolai di guerra nel mondo. Io penso una cosa: le rivendicazioni corrette e democratiche di pace non possono mai esprimersi con manifestazioni violente. A violenza non si risponde mai con violenza, lo dico da obiettore di coscienza. Andare a manifestare per la pace in Medio Oriente e finirla a botte è una gigantesca contraddizione».
Voltiamo pagina. Sull’autonomia differenziata si deve tornare in Parlamento?
«Hanno fatto un ricorso e il ricorso è stato bocciato: la riforma non è incostituzionale. E rimane nella Gazzetta Ufficiale come legge valida dello Stato. La sentenza di ieri della Corte costituzionale è stata manipolata come il pongo con interpretazioni non autentiche, ma la verità – e nessuno mi può smentire – è che la Consulta ha detto che l’autonomia è costituzionale. Questa decisione ha messo probabilmente la parola fine al referendum, dando una mano all’iter. Per noi è una vittoria, non una sconfitta. Si capirà che l’autonomia, decentramento amministrativo, alloca più responsabilità agli amministratori locali e smonta l’Ufficio complicazioni affari semplici».
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