Lo studente dell'Università di Bologna
Zaki verso il trasferimento in un altro carcere in Egitto, paura per condizioni peggiori: “Un’incognita”
Patrick George Zaki a breve potrebbe essere trasferito in un altro carcere in Egitto. A 21 mesi dall’arresto dello studente egiziano dell’Università di Bologna questa decisione rappresenterebbe una serie di conseguenze e incognite che allarmano la famiglia e la comunità di persone che per lo studente si sta battendo da quell’arresto nel febbraio del 2020 a Il Cairo. Al momento Zaki è detenuto nel carcere di Tora, nei pressi della capitale dell’Egitto.
Il complesso di Tora starebbe andando verso la chiusura per via degli effetti della riforma penitenziaria annunciata dal presidente Abdel Fattah Al Sisi. La notizia è stata data dalla rete di attivisti sui social network “Free Patrick”. Il giovane “è stato informato che la struttura della prigione di Tora sta chiudendo, il che significa che dovrà essere trasferito in un’altra struttura di detenzione”. Nessuna comunicazione ufficiale in merito tuttavia.
La preoccupazione è che il giovane studente possa essere trasferito in una prigione “con condizioni di vita peggiori”, come scrivono gli attivisti. “Quello che sappiamo è che non sarà trasferito nel nuovo complesso carcerario di Wadi El Natroun, perché la struttura è solo per detenuti e non per detenuti politici”. C’è ansia anche perché nel primo periodo in un nuovo carcere non sono ammesse visite, quindi Patrick “sarà lasciato senza rassicurazioni, forse cibo, vestiti o necessità di base, fino a quando la sua famiglia sarà autorizzata a visitarlo di nuovo”.
A Patrick viene contestato dai magistrati egiziani “uno scritto del 2019 in difesa della minoranza copta”. Patrick ha sempre negato di essere l’autore di quei post su Facebook che hanno portato al suo arresto, una tesi sempre confermata nelle udienze per il rinnovo della detenzione preventiva che sono finite però sempre col rinnovo del provvedimento. Secondo la legge egiziana una persona può essere tenuta in detenzione preventiva per un periodo massimo di due anni, ma con un ‘trucco’ da sempre condannato dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani: all’avvicinarsi della scadenza dei 24 mesi in caso di modifica dei capi di accusa viene annullato il calcolo dei tempi, facendo ripartire la ‘conta’ da zero. Il processo a carico di Zaki è iniziato a metà settembre dopo un anno e mezzo di custodia cautelare in carcere. La nuova udienza è stata fissata al 7 dicembre. Rischia fino a 5 anni di carcere.
“Questa somma di incertezze per Patrick sta veramente logorando il suo stato d’animo. Sarebbe importante che questa vicenda si chiudesse felicemente al più presto”, ha detto all’Ansa Riccardo Noury, portavoce Amnesty International Italia. “Non c’è ancora nulla di certo, rispetto a un eventuale luogo di detenzione, ma quello che le autorità egiziane hanno annunciato è che in questo processo di trasferimento di detenuti da vecchie a nuove carceri, con ogni probabilità si tratterà di luoghi più lontani e nei quali almeno all’inizio le visite familiari non saranno facili”.
“Mi chiedo cosa ce ne facciamo di tutta la nostra ragion di Stato sulla sua cittadinanza italiana di fronte a uno studente dell’Università di Bologna preso in ostaggio da mesi, torturato in cella, malato, lontano da famiglia e affetti. Che stiamo aspettando, cosa? #FreePatrickZaki”, ha scritto su Twitter il deputato del Pd, Filippo Sensi.
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