La guerra in Ucraina continua a vivere una delle sue fasi più complesse e meno definite. Le truppe russe non hanno fermato la loro pressione sul fronte orientale, con il Donbass che si trova al centro di una lenta, difficile, ma apparentemente inesorabile avanzata da parte di Mosca. E allo stesso tempo, l’obiettivo di Vladimir Putin è quello di fare in modo che il suo esercito, senza distrarre forze dall’Ucraina orientale, riesca a respingere definitivamente le truppe ucraine dall’oblast di Kursk. Due obiettivi non certo semplici da raggiungere, anche se il Cremlino in questi giorni, sembra avere aumentato di nuovo la pressione su entrambi i fronti. In Donbass, Mosca ha annunciato la conquista di due villaggi: Zolotaya Niva e Zoryanoe Pervoe. Mentre nella regione di Kursk, l’esercito russo ha comunicato la morte di un centinaio di soldati ucraini e la liberazione di due centri abitati: Novaya Sorochina e Pokrovsky.

L’Ucraina in difficoltà

Le difficoltà sul campo di battaglia sono note da settimane. L’Ucraina ha bisogno di armi, di mezzi, e viene colpita costantemente dai missili russi, che hanno puntato principalmente le infrastrutture energetiche mettendo a rischio la popolazione con l’avvicinarsi dei mesi più freddi. E i timori sono confermati non solo dalle autorità ucraine e da molti esperti internazionali, ma anche da parte di diversi funzionari e leader della Nato, spesso divisi sulle scelte da compiere per sostenere Kiev. Da tempo esiste uno scontro (anche tra Stati Uniti e Regno Unito) sulla possibilità di fornire l’autorizzazione agli ucraini per colpire in Russia con armi a lungo raggio di fabbricazione occidentale. Ma quello che inquieta Volodymir Zelensky è che il sostegno militare e politico all’Ucraina inizi lentamente a ridursi, specialmente in Europa e soprattutto in vista delle elezioni americane. Proprio per questo motivo, il capo dello Stato ucraino ha deciso di intraprendere un nuovo tour nel Vecchio Continente, allo scopo di ricordare agli alleati l’importanza del sostegno occidentale a Paese invaso.

Un tour confermato proprio nelle ore in cui è saltato ufficialmente il vertice di Ramstein, in Germania, previsto per il 12 ottobre, a cui Joe Biden non ha potuto partecipare per l’arrivo dell’uragano Milton in Florida. Ieri Zelensky è stato in Croazia per il summit Ucraina-Europa sudorientale. Un vertice che ha visto la presenza di rappresentanti di Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Grecia, Kosovo, Moldavia, Montenegro, Macedonia del Nord, Romania, Serbia, Slovenia e Turchia. E che serve a sottolineare la vicinanza non solo geografica ma soprattutto politica di Kiev con i Paesi dell’area balcanica. Oggi sono previsti altri due vertici di particolare importanza. Prima quello con il presidente Emmanuel Macron a Parigi, poi l’incontro serale con la premier Giorgia Meloni a Villa Doria Pamphilj, a Roma. Mentre domani mattina, il presidente ucraino incontrerà in Vaticano Papa Francesco per un’udienza privata. E subito dopo, Zelensky partirà alla volta di Berlino per un colloquio con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e con il presidente Frank-Walter Steinmeier.

Il piano per la pace di Zelensky

L’obiettivo di Zelensky è quello di rafforzare la sua idea del piano di pace, o della vittoria. Piano che il presidente voleva ribadire all’incontro di Ramstein poi saltato. Una scelta politica precisa, che arriva mentre il primo ministro ungherese Viktor Orban, ancora presidente di turno Ue, ha messo in scena al Parlamento europeo un vero e proprio show di forza con cui ha ribadito i punti essenziali della sua linea politica nei riguardi dell’Ucraina. “L’intenzione è avere un cessate il fuoco il prima possibile, perché non è possibile vincere sul campo di battaglia. Sono fortemente convinto del fatto che non c’è una soluzione sul campo di battaglia. Quello che stiamo facendo è perdere, perdere, perdere” ha detto in conferenza stampa a Strasburgo. E il leader ungherese, sottoposto alle critiche feroci di buona parte dell’Eurocamera, non ha lesinato accuse anche nei confronti della strategia dell’Unione europea sul conflitto.

“Quello che facciamo è irrazionale. Sono in forte minoranza nell’Ue, ma essere in minoranza non è una ragione per rinunciare alle proprie convinzioni” ha continuato il premier magiaro. E mentre Budapest continua la sua politica di apertura nei confronti di Mosca, la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, è tornata a parlare di incubo nucleare. Un tema tornato in auge in questi giorni per il libro “War” di Bob Woodward, in cui, tra le altre cose, viene rivelata una conversazione tra Biden e Putin in cui il presidente russo aveva apertamente minacciato l’uso dell’atomica in Ucraina. “Noi notiamo che al momento, a causa delle politiche distruttive dell’Occidente, le cui azioni possono portare a uno scontro militare diretto tra le potenze nucleari, il livello di pericolo nucleare è seriamente aumentato” ha detto Zakharova. Una minaccia che il Cremlino utilizza da tempo come propaganda interna e avvertimenti nei riguardi della Nato.